La natura delle destre sociali (o con un termine più onnicomprensivo e ancor più vago “destre estreme”), è, ed è stata, dal dopoguerra ad oggi, una natura non sempre facile da indagare, poiché si è trattato e si tratta di un enorme calderone di istanze poco definite in cui si alternano elementi ultra-capitalistici (tipico il caso delle destre xenofobe liberali e liberiste di diversi paesi europei), ad elementi di critica delle dinamiche più distruttive del sistema capitalistico, in alcuni casi in nome di una concezione puramente nazionalistica di difesa dell’interesse nazionale (spesso di carattere aggressivo, ultra-identitario, esclusivista e financo razzista), in altri casi in nome di istanze più universali, fino a casi di realtà che si autocertificano oltre alla destra e alla sinistra. Si tratta, in quest’ultimo caso, se vogliamo, proprio di quella galassia di rossobrunismo, genericamente intesa (su cui abbiamo recentemente discusso in risposta ad un articolo diffamatorio di Daniele Maffione), che cavalca confusamente istanze sociali forti spingendosi a reclamare forme di socialismo, di radicale riacquisizione del controllo del sistema economico sotto la sfera politica, di redistribuzione del reddito a favore dei salariati e dei ceti più deboli; in alcuni casi, peraltro, senza la tipica vocazione imperialistica e colonialistica espressa dai fascismi storici e dai neofascismi sorti nel dopoguerra.
Se, per ipotesi, una “destra” sociale vicina ad istanze “socialistiche” e libera da razzismo ,identitarismo esclusivista e vocazione suprematista e imperialista esistesse, essa si identificherebbe di fatto, concettualmente, con una sorta di social-democrazia economica a vocazione però conservatrice e tradizionalista nei tratti culturali e di costume e quindi apertamente polemica con il progressismo culturale della sinistra. Il punto di divario tra una destra sociale e una sinistra sociale (non rivoluzionaria), entro tali ipotesi, starebbe nell’orizzonte culturale e simbolico progressista o tradizional-conservatore
Mettiamo poi anche da parte (non certo per “non rilevanza”, ma per comprendere la natura profonda del fenomeno) il ruolo oggettivo svolto dalle destre estreme “sociali” reali dal dopoguerra ad oggi (collusione con i poteri forti capitalistici, ruolo di stampella della strategia della tensione atlantica fino allo stragismo per conto terzi). Sforziamoci di rimanere nei termini puramente ideali. In questi termini si potrebbe dire che il tratto determinante di tutte le destre sociali e socialisteggianti (laddove, sempre per ipotesi, libere ed estranee alla triade razzismo-autoritarismo-imperia
Se poi, per assurdo, una destra “socialista” (libera dalla triade razzismo-autoritarismo-imperia
Il terreno di scontro culturale tra progressismo e tradizionalismo è quindi un terreno che si muove parallelamente e diversamente rispetto al terreno di scontro tra egualitarismo e anti-egualitarismo economico-sociale. Una destra tradizionalista ed egualitarista non è mai esistita: non perché una cultura “tradizionale” (nel senso di non immersa nel mito, peraltro tutto borghese, del progresso) non sia conciliabile con una critica radicale ed egualitaria del modo di produzione capitalistico (al contrario sarebbe del tutto conciliabile ed è tutto qui il problema fondamentale del profilo culturale di sinistra che è interno al progressismo capitalistico). Una destra tradizionalista ed egualitarista non è mai esistita perché semplicemente nel concetto e nell’immaginario “di destra” non può rientrare per definizione l’egualitarismo socio-economico sostanziale inteso in maniera esaustiva e strutturale. E, nel caso in cui vi rientrasse, non si potrebbe più parlare di destra, perché si avrebbe una destra monca, con la tradizione, ma senza disuguaglianza gerarchica. D’altro canto i profili storici novecenteschi di destra e di sinsitra, si sono oggi dissolti, materialmente, nella generale adesione al liberalismo, che è progressista nei costumi, individualista, ed anti-egualitario (ma non gerarchico) e quindi per sua stessa natura né di destra, né di sinistra.
In definitiva, la destra sociale, è, nel suo aspetto ideale, un conglomerato ideologico che lascia ricadere l’insofferenza culturale verso il caos dissolutivo capitalistico e verso la disuguaglianza del denaro, entro modalità alternative fondamentalmente sistemiche incapaci di una reale rottura con gli aspetti strutturali del capitalismo stesso.
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