Visualizzazione post con etichetta Stefano Zecchinelli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Stefano Zecchinelli. Mostra tutti i post

mercoledì 25 luglio 2012

Hamas: chi sono e per cosa combattono

di Stefano Zecchinelli



Riflessioni su Hamas e la sinistra palestinese davanti la destabilizzazione di uno Stato Sovrano ed Indipendente: la Siria.
1.    
    
a La Siria governata dal Partito Ba’th è, dopo la caduta della Libia di Gheddafi, l’ultimo Stato laico e nazionalista (patriottismo di sinistra) del mondo arabo. Le così dette ‘’primavere arabe’’, in realtà, non hanno fatto altro che riproporre il contrasto fra il panarabismo laico ed il pan-islamismo.
Spicca quindi il ruolo della Fratellanza Musulmana, creatura dell’imperialismo inglese, fondata da Al-Banna nel 1928, che è servita prima agli inglesi e poi agli Usa ed al sionismo per controllare il mondo arabo e contrastare i movimenti di liberazione nazionale.
I Fratelli Musulmani si oppongono alla creazione di Stati nazionali, forti ed indipendenti (come la Siria o come lo fu l’Irak di Saddam), in difesa dalla patria islamica, la Umma.
Davanti la crisi siriana, che – come hanno notato esperti osservatori – ripresenta il ricorso ai Contras  sul modello di guerriglia anti-sandinista nicaraguense, è interessante la posizione di Hamas, il movimento di liberazione islamico della Palestina.
Nonostante Damasco abbia ospitato la sede di Hamas ed appoggiato questo movimento (il Ba’th siriano è un baluardo della resistenza palestinese), questa si è schierata a favore dei ‘’nuovi’’ Contras ‘’siriani’’ (in realtà vengono dalle petro-monarchie del golfo e dalla Libia occupata) spostando la sua sede ad Ankara, in Turchia.
In questo articolo mi soffermerò sulla involuzione politica di Hamas (cercando di discutere le ragioni di questa involuzione), e rapporterò ciò (seppur brevemente) a l’attuale conflitto inter-imperialistico.
Prima però è necessaria una precisazione.

2.  Con buona pace dei cripto-sionisti europei che parlano di Intifada siriana riporto le posizioni dei principali leader della sinistra palestinese (la Siria gode di ottimi rapporti con i Fronti popolari di liberazione palestinese).
Ahmed Jibril, del Fronte popolare di liberazione palestinese Commando, ha di recente dichiarato che “Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), Hezbollah e l’Iran si schiereranno al fianco del regime di Damasco in caso di aggressione ‘esterna’ contro la Siria” (intervista rilasciata alla televisione siriana e pubblicata dal quotidiano al Quds al Arabi).
Secondo Jibril ‘’ il regime siriano è ancora solido all’interno ma deve fare i conti con le vili pressioni provenienti dall’estero’’.
Interessante anche la posizione del Fronte democratico di liberazione palestinese che, in visita a Cuba a fine febbraio, rilascia queste dichiarazioni ‘’ Un fattore molto importante per la soluzione pacifica e negoziata della situazione è la composizione etnico-religiosa della popolazione siriana, che ha quasi 30 milioni di abitanti, in gran parte arabi sunniti, ma anche sciiti, alawiti, drusi e cristiani. Uno scontro armato potrebbe contribuire a destabilizzare il paese e fargli perdere l’armonia e la coerenza che è sempre esistita in questa nazione. Questo potrebbe evolvere in situazioni estremamente violente come quelle che abbiamo visto in Iraq e ora in Egitto’’.
Quindi continua Walid A. Nur ‘’ Per i palestinesi e il Libano, la situazione è molto complessa tenuto conto del numero di persone che vivono in Siria e il supporto che Damasco ha sempre offerto alla giusta causa dei palestinesi’’.
Gli aspetti su cui riflettere sono almeno due: (1) che cosa sarebbe della sinistra palestinese senza la Siria ? Le dichiarazione dei leader in questione non fanno pensare a nulla di buono; (2) gli attori che gli Usa mettono in campo sono, quasi sempre, gli stessi.
Il secondo aspetto (‘’ gli attori che gli Usa mettono in campo sono, quasi sempre, gli stessi’’) deve essere argomentato, cosa che farò con un paragrafo aggiuntivo.

3.       Nel gennaio 2011 Robert Ford vola a Damasco accompagnato, niente poco di meno, che da John Negroponte.
John Negroponte creò gli squadroni della morte anti-sandinisti ‘’ operando con il sostegno di Washington, [essi] assassinarono centinaia di oppositori del regime appoggiato dagli USA.” (Vedasi Bill Vann, Bush Nominee linked to Latin American Terrorism, Global Research, novembre 2001)
Nel 2005 Negroponte andò in Irak dove il governo Usa ‘’ stava considerando la creazione di squadre d’assalto di combattenti curdi e sciiti, da indirizzare contro i leader della rivolta irachena, in un cambiamento strategico preso a prestito dalla contro-guerrigliera statunitense in America Centrale di 20 anni fa“. (El Salvador-style ‘death squads’ to be deployed by US against Iraq militants – Times Online, 10 gennaio 2005).
Una strategia studiata a tavolino che ora culmina con l’Operazione Vulcano in Siria; infatti Thierry Meyssan in un suo recente articolo ha denunciato ‘’ 40-60000 Contras, soprattutto libici, sono arrivati in pochi giorni nel paese, il più delle volte dal confine giordano. La maggior parte di loro sono aggregati all’esercito libero “siriano”, struttura paravento delle operazioni segrete della NATO, posta sotto il comando turco. Alcuni sono affiliati a gruppi di fanatici, tra cui al-Qaida, posti sotto il comando del Qatar o della fazione della famiglia reale saudita dei Sudeiri. Tra l’altro, hanno preso alcuni posti di frontiera, e poi si sono trasferiti nella capitale, dove hanno seminato confusione attaccando dei bersagli casuali che trovavano: gruppi di poliziotti o militari isolati’’ (Thierry Meyssan, La battaglia di Damasco, Rete Voltaire).
La sinistra filo-imperialista europea sarà anche libera di sognare (‘’sognare è la sorte dei deboli’’ diceva Lenin) ma la realtà è molto diversa e l’imperialismo, se studiato con attenzione, ripropone sempre le stesse tattiche.
Passiamo adesso ad Hamas ed al suo voltafaccia politico.

4.       La dirigenza Obama-Brzezinski ha aperto all’Islam moderato, accettando di dialogare con la Fratellanza Musulmana, cosa che la destra repubblicana non aveva mai fatto.
In risposta al discorso di El Cairo di Obama, Khaled Meshaal, il leader di Hamas, ha detto ‘’ Il nuovo linguaggio [di Obama] nei confromti di Hamas - ha sottolineato Meshaal - è il primo passo nella giusta direzione verso un dialogo diretto senza condizioni’’.
Meshall ha ribadito i punti cruciali del programma di Hamas: (1) fondazione dello Stato palestinese che abbia come capitale Gerusalemme e ritorno ai confini precedenti il 1967; (2) fine dell’occupazione militare; (3) Diritto al ritorno dei profughi palestinesi.
I dubbi di Hamas, sul dialogo da mantenere con l’imperialismo, sono chiari quando il suo leader dice ‘’ Queste condizioni sono senza fine: quando i negoziatori palestinesi ne accettano una, ne vengono imposte di nuove. Ad esempio, dapprima la condizione era il riconoscimento di Israele, adesso è il riconoscimento dell’ebraicità di Israele. Successivamente, che Gerusalemme sia la sua eterna capitale, che si rinunci al Diritto al Ritorno, che si accetti il permanere dei blocchi di colonie. Poi [i Palestinesi] non solo dovranno abbandonare la resistenza, ma dovranno loro stessi lavorare all’oppressione, alla persecuzione e alla distruzione della resistenza’’.
Per avere più chiara la situazione facciamo un passo indietro ed andiamo al 2006. In una intervista a Silvia Cattori, Moshir Al Masri risponde così ad una domanda: ‘’ Se otterremo la maggioranza nelle elezioni legislative, ci penseremo. Ma, sul piano del dialogo con l'Europa e gli Stati Uniti, Hamas non è ostile verso nessuno, e noi siamo pronti a dialogare con chi vorrà dialogare con noi. Noi abbiamo dialogato con l'Europa, in particolare con dei parlamentari europei, e abbiamo instaurato un dialogo con degli universitari americani a Beirut (ma non si tratta di persone in possesso di qualunque potere esecutivo negli Stati Uniti). Hamas è un movimento aperto a tutto, e certamente non un movimento rigorista né un movimento complessato’’ (Moshir Al Masri, Hamas: chi siamo e per cosa combattiamo, Sotto le bandiere del marxismo).
Hamas è stata presentata per troppo tempo come una organizzazione fondamentalista quando, in realtà, è del tutto sprovvista di un approccio antimperialistico (metodo di analisi dei processi sociale e conseguente azione rivoluzionaria). L’unico problema di questa organizzazione è sempre stato quello di trovare validi interlocutori al di fuori dell’imperialismo israeliano.
Il mio obiettivo è di argomentare in modo eloquente sulle ragioni del filo-imperialismo di Hamas e per farlo risalgo alla nascita di questa organizzazione e segnalo alcuni punti del suo Statuto. Emergono (come il lettore attento adesso vedrà) degli spunti molto interessanti.

5.    Hamas nasce nel 1987 dopo che Ariel Sharon liberò 800 islamisti. Il partito della destra israeliana aveva tutte le ragioni di appoggiare un movimento islamista che avrebbe diviso la sinistra palestinese.
La formazione politica in questione, oltretutto, è una costola della Fratellanza Musulmana ed infatti nel suo Statuto (del 1988) si legge all’articolo 2:

‘’ Il Movimento di Resistenza Islamico è una delle branche dei Fratelli Musulmani in Palestina. Il movimento dei Fratelli Musulmani è un’organizzazione mondiale, uno dei più grandi movimenti islamici dell’era moderna. È caratterizzato dalla profonda comprensione, da nozioni precise, e da una totale padronanza di tutti i concetti islamici in tutti i settori della vita: nelle visioni e nelle credenze, in politica e in economia, nell’educazione e nella società, nel diritto e nella legge, nell’apologetica e nella dottrina, nella comunicazione e nell’arte, nelle cose visibili e in quelle invisibili, e comunque in ogni altra sfera della vita’’.

Nell’articolo 25 l’anti-comunismo di Hamas diventa esplicito:

 ‘’ Hamas rispetta i movimenti nazionalisti, comprende le condizioni in cui si trovano e i fattori che li influenzano e li circondano. Li sostiene, nella misura in cui essi non si alleano con l’Est comunista o con l’Ovest crociato. Rassicura coloro che ne sono membri o simpatizzanti che il Movimento di Resistenza Islamico è un movimento di jihad morale, responsabile nella sua visione della vita e nelle sue azioni verso gli altri. Ha in orrore l’opportunismo e vuole solo il bene degli altri, che si tratti di individui o di gruppi. Non ricerca il guadagno materiale o la fama personale, né chiede premi per sé al popolo. Si affida alle sue stesse risorse, per quanto siano disponibili, così come è scritto: “Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete” (Corano 8, 60). Tutto è fatto per compiere il proprio dovere e conquistarsi il favore di Allah. Non ha ambizioni al di fuori di questa’’.

Interessante l’articolo 28 dove si legge:

‘’ L’invasione sionista è veramente malvagia. Non esita a prendere ogni strada e a ricorrere ai mezzi più disonorevoli e ripugnanti per compiere i suoi desideri. Nelle sue attività di infiltrazione e spionistiche, si affida ampiamente alle organizzazioni clandestine che ha fondato, come la massoneria, il Rotary Club e i Lions Club, e altri gruppi spionistici. Tutte queste organizzazioni, siano segrete o aperte, operano nell’interesse del sionismo e sotto la sua direzione. Il loro scopo è demolire le società, distruggere i valori, violentare le coscienze, sconfiggere la virtù, e porre nel nulla l’islam. Sostengono il traffico di droga e di alcol di tutti i tipi per facilitare la loro opera di controllo e di espansione’’.

Hamas stessa (al contrario di quello che qui dice di se) è una organizzazione filo-massonica, essendo legata alla Loggia di El Cairo. Inoltre è legata alla società segreta degli Assassini che ha combattuto, insieme ai Templari, i nazionalisti musulmani saraceni durante le Crociate.
Quindi siamo davanti una organizzazione islamista (1), anti-comunista (2), e legata allo stragismo del Mossad (3). Questo è un giudizio sintetico ma penso che regga alla prova dei fatti.

6.    La dirigenza Usa ha una interessante spaccatura all’interno della dirigenza democratica: da una parte c’è il progetto Obama-Brzezinski di dialogo con l’Islam moderato e dall’altra la Clinton appoggiata dalla lobby cristiano-sionista La Famiglia.
Nel novembre del 2010 Sam Stein scrive su Soros, collaboratore di Brzezinski, che ‘’ La nuova battaglia politica di Soros è questa: smascherare e sconfiggere la lobby ebraico-sionista che determina la politica americana in Medio Oriente, che influenza democratici e repubblicani e che soffoca la critica. L’ebreo Soros (ma, precisa, “non sionista”) ha elaborato l’atto d’accusa nei confronti della lobby ebraica sulla New York Review of Books, la rivista della sinistra intellettuale newyorchese che a metà degli anni Settanta è diventata la Bibbia del radical-chicchismo americano’’.
Che dire ? Non ci sarebbe modo migliore per l’imperialismo Usa, di arginare Israele, che appoggiarsi all’imperialismo turco (mettendo i due imperialismi in aperto contrasto fra loro). In questo modo Hamas rientrerebbe, a pieno, nel progetto di islamizzazione dell’area secondo il copione delle rivoluzioni colorate. Questa analisi, devo precisare, è vincolata alla situazione interna negli Stati Uniti d’America ed hai gruppi di potere che lì prenderanno il sopravvento.

7.    La cosa più importante, da una prospettiva antimperialistica e di classe, è il sostegno incondizionato di tutte le organizzazioni marxiste ed antimperialista dell’area alla Siria.
Dal Fronte popolare di liberazione palestinese agli Hezbollah, fino al PKK curdo, sono tutte pronte ad impugnare le armi contro una aggressione imperialistica guidata dall’occidente e dai sui stati fantoccio.
La situazione è complessa e di non facile interpretazione, saranno gli avvenimenti successivi a fare chiarezza sul conflitto in atto.

Altri testi consultati:

1)      La scelta di Hamas nell’era Obama: riconoscimento o resistenza, Ali Abunimah, Rete Voltaire
2)      Chi controlla i Fratelli Mussulmani, Dean Henderson, Sito Aurora
3)      Il FDPL respinge ogni ingerenza straniera e chiede che il dialogo risolva i problemi interni, Juan Dufflar Amel, Stato e Potenza
4)      La destabilizzazione del mediterraneo e la guerra di Soros contro Israele, Andrea Fais, Strategos
5)      L’ ‘’Opzione Salvador’’ del Pentagono: l’invio degli squadroni della morte in Iraq e in Siria, Michel Chossudovsky, Sito Aurora


venerdì 13 luglio 2012


La difesa dei lavoratori italiana passa per la difesa della Siria e del legittimo governo di Assad: intervista al compagno Uuday Ramadan




(a cura di Stefano Zecchinelli) 

Nota introduttiva: Ouday Ramadan (detto Soso) è un compagno impegnato, ormai da moltissimo tempo, a contrastare le menzogne imperialistiche contro la Siria e i movimenti anti-imperialisti nell’area Medio Orientale. Inizialmente è stato un oppositore di sinistra al governo Assad, tanto che dovette uscire dalla Siria nel 1983.
Ha militato nel Partito comunista libanese e ha partecipato alla lotta armata in Libano. Dal 1986 è in Italia, dove ha aderito, negli ultimi anni, al Partito dei comunisti italiani.
Rientrato in Siria nel 1994, si è impegnato a difendere il governo del Ba’th dalle menzogne dei media di regime, nonostante non si consideri baasista.
Nel novembre scorso è stato in Siria e, come giornalista operativo sul posto, ha svolto una importante attività di informazione vera rispetto alla vergognosa disinformazione dei giornalisti occidentali.
E’ stato, insieme ad altri compagni, il principale promotore della manifestazione del 16 giugno a Roma ed ora della manifestazione del 14 luglio a Milano.
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
1.  D: Come prima domanda le chiederei di inquadrarmi, da un punto di vista storico e geo-politico, il ruolo della Siria nell’area Medio Orientale. Le chiederei di soffermarsi, in modo particolare, sul sostegno che il Ba’th siriano ha dato (e dà) alle resistenze anti-imperialistiche (libanese, palestinese ed irakena) ?

R: La Siria geograficamente è situata nell’area Medio Orientale e confina con la Palestina occupata; la Palestina occupata deve essere considerata come il termometro della libertà e della giustizia sociale.
Con l’arrivo al potere del generale Assad, attraverso il suo colpo di stato bianco, c’è stata la statalizzazione dell’economia siriana, persino gli alberghi sono stati statalizzati.
La Siria ha marcato e sottolineato quale sarebbe stata la sua condotta politica: in primis il totale appoggio alla causa palestinese, la riforma della società siriana attraverso le politiche sociali, il Ba’th ha combattuto l’analfabetismo e ha militarizzato la popolazione.
Nel 1974-1975 scoppiava la guerra civile in Libano e l’esercito siriano entrò nel territorio libanese su richiesta del presidente Sulaymān Farangiyye.
Il Libano era chiamato la Svizzera del Medio Oriente essendo un paese molto difficile da governare, per il numero di diverse etnie che convivevano in quel territorio. Dopo la cacciata dalla Giordania, Arafat cercò di creare in Libano uno stato palestinese.
La Siria, con il suo interveto, fermò il massacro dei cristiani e rimase in Libano fino al 2005.
A Beirut nell’ ’82 sono morti seimila soldati siriani mentre l’OLP aveva dato l’ordine della ritirata.
Arafat venne trasferito in Tunisia nel 1982 e rientrò nel 1984.
La Siria ha sempre appoggiato attivamente la resistenza palestinese e la resistenza libanese.
Senza la Siria di Assad quanto tempo sarebbero durati gli Hezbollah ?
Nel 2003 l’ambasciatore Collin Powell consegnò alla Siria una serie di dictat per riabilitarla: la prima richiesta era la cacciata da Damasco di Hamas, la cacciata degli Hezbollah e la cacciata dei bathisti irakeni rifugiati in Siria.
Da precisare che dal 2003 la Siria ha aperto le porte a due milioni di profughi irakeni e tutt’ora c’è una comunità di un milione e mezzo di profughi irakeni che vive a Damasco e dintorni (a parità di diritti con i siriani!)
Nel 2006, durante l’aggressione israeliana al Libano, la Siria aprì le porte a un milione e mezzo di profughi libanesi curando i feriti, seppellendo i morti, dando vitto ed alloggio ai profughi.
Bashar Al Assad rispose a Powell ‘’ne prendo atto delle tue richieste però noi facciamo le cose in cui crediamo’’.



2. D: La Siria è sicuramente un appoggio preziosissimo per la resistenza palestinese e nell’area svolge un ruolo anti-imperialistico fondamentale. Cosa ne pensi del cambio di posizioni politiche fatto da Hamas: spostamento della sede da Damasco ad Ankara (Turchia) ?

R: Lo spostamento di Hamas è da inquadrare con lo spostamento di rotta della dirigenza Usa.
Contrariamente a Bush, Obama che proviene da una famiglia islamica, ha cambiato rotta introducendo il dialogo con l’Islam padronale.
Una volta gli Usa erano alleati nel suolo dell’Afghanistan con i fondamentalisti islamici, oggi non hanno fatto altro che rispolverare le vecchie conoscenze.
La Fratellanza Islamica è stata riciclata e siccome Hamas è una costola della Fratellanza Islamica ha obbedito alla logica islamista radicale.
La tanto decantata Hamas può spiegarci come mai a Gaza non ci sono armi per combattere il sionismo, ma pullula di droga ed eroina ? Chi impedisce ad Hamas, che appoggia la guerra di dissanguamento contro il regime siriano, di appoggiare una guerra simile contro lo Stato israeliano ?
La Fratellanza Islamica ha detto che il nemico è Israele però oggi il Presidente dell’Egitto rispetta tutti gli accordi con la Comunità Internazionale in primis quelli di Camp David.

3. D: Che rapporti ha la Siria con la sinistra palestinese ?

R: Il Fronte popolare gode di ottimi rapporti con la Siria mentre il Fronte popolare commando gode di eccellenti rapporti.
In Siria vivono circa un milione di profughi palestinesi che hanno gli stessi diritti dei siriani ed hanno anche un esercito chiamato Esercito della liberazione della Palestina.
Inoltre, nel territorio siriano, i combattenti palestinesi svolgono l’addestramento militare.

4. D: Da comunista che critiche faresti a Bashar Al Assad ? Sono stati introdotti degli elementi di economia mercatistica nel sistema economico siriano (che è sempre stato un sistema economico con una fortissima partecipazione statale) ?

R: Da comunista mi oppongo all’introduzione di politiche private e quello che stiamo vedendo oggi in Siria non è altro che la logica conseguenza di ciò.
Critico Bashar Al Assad per aver introdotto le banche e le scuole private su spinta della borghesia e di aver accettato il Fondo Monetario Internazionale e tutti i sistemi della socialdemocrazia.
La cosa peggiore è stata quella di aver inventato il sistema misto pubblico-privato.

5. D: Dopo aver inquadrato storicamente la questione siriana andiamo al conflitto in corso. Penso che l’imperialismo occidentale usi sempre la stessa tattica: negli anni ’80 si affidò, in Nicaragua, a bande armate per destabilizzare il governo Sandinista (i famosi Contras), e questa operazione l’ha ripetuta in Jugoslavia, in Irak, Libia ed ora Siria. Gli imperialisti fanno leva sulle minoranze etnico religiose (come in Irak) o su bande di mercenari (come in Nicaragua). Che cosa ne pensa ?

R: Questa è la strategia più conveniente per gli Usa.
Ha funzionato in Jugoslavia, per il Kosovo, ed in Irak ha avuto comunque successo.
L’impero americano non è altro che la continuazione di quello inglese: ovunque gli inglesi hanno esteso il loro dominio c’è sempre stata una lotta per i confini basata sull’odio etnico e religioso.

6. D: Quali sono i principali centri di disinformazione all’estero ?
R: Tutti i mezzi di comunicazione controllati dalle forze imperialistiche: Arabiya, Al Jazeera, BBC, La Rai, ecc...

7. D: Che cosa significa la Siria per la Russia ? Mi spiego meglio: la stabilità del governo di Damasco è una chiave per fermare la globalizzazione unipolare americana ?

R: La Siria è il confine della Federazione Russa; caduta la Siria, i russi si troverebbero gli islamici in casa, oltre ai ceceni.
Tartus (base russa sul territorio siriano) è l’unico sbocco per i russi nel mediterraneo.

8. D: Molti analisti pensano che la crisi siriana possa porta ad una terza guerra mondiale. Quale è la tua posizione a riguardo ?

R: Sì, la crisi siriana può portare ad una terza guerra mondiale.
La Siria ha dimostrato di sapersi difendere ma la stupidità dell’imperialismo potrebbe portare ad una guerra mondiale.

9. D: Il 16 giugno c’è stata a Roma una importante manifestazione in sostegno del legittimo governo di Bashar Al Assad e la stessa iniziativa ci sarà a Milano il 14 luglio. Quale è il risultato politico raggiunto con la manifestazione di Roma e quale risultato politico possiamo raggiungere a seguito della manifestazione di Milano ?

R: La manifestazione del 16 giugno è stata un grande successo ed ha dimostrato che l’Italia non è allineata agli Usa.
Con la passione, malgrado tutto il boicottaggio, la manifestazione ha avuto un grande successo.
Il risultato politico dovrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo.

La difesa della Siria è la difesa dei lavoratori italiani, degli oppressi, dei disoccupati, dell’articolo 18, di ogni valore sociale per cui milioni di uomini e donne nel mondo danno la vita, e va inquadrata sotto quella linea di sangue che va da Parma a Guernica, arrivando a Stalingrado, passando per tutti i decenni fino ai nostri giorni. Per non dimenticare quella linea condotta da Omar Al Mukhtar,  Schulze-Boysen,Mehdi Ben Barka, Ernesto Guevara, Salvador Allende, fino ad arrivare a milioni di famosi ed anonimi martiri della causa anti-colonialista, che hanno lottato per l’emancipazione e la liberazione umana.

 

Considerato che la manifestazione del 16 giugno ha avuto un grande successo auspico che quella del 14 luglio sia sulla solita scia, però vedo che il boicottaggio è arrivato attraverso falsi manifesti, falsi organizzatori, prese di distanze e quanto altro.

Per quanto mi riguarda, io non ho alcun orticello da difendere, una qualche casa editrice o mettere il cappello su qualcuno. A Roma eravamo tutti contro l’aggressione alla Siria e a Milano sarà lo stesso.

Chi vuole venire venga e chi non vuole venire faccia pure, la Siria è al di sopra di ogni orticello.

 

 

 

Ringrazio il compagno Ouday Ramadan per avermi concesso questa importante intervista. Spero che questo lavoro di contro-informazione possa diffondersi fra i movimenti anti-imperialisti fino ad arginare la disinformazione dei media di regime. E’ doveroso per chi sostiene posizioni anti-imperialiste creare un dualismo di poteri anche sul piano informativo e sul piano culturale (Stefano Zecchinelli).


L’eterna guerra dell’imperialismo americano contro il diritto di autodeterminazione dei popoli 



   di Stefano Zecchinelli

1.       I fatti dell’11 settembre 2001 non sono altro che il punto di arrivo della politica interna ed estera Usa, per come è stata intesa almeno dalla fine della seconda guerra (imperialistica) mondiale.
Henry Kissinger il 13 febbraio 2002 pubblica un articolo sul Washington Post in cui avanza una triplice ipotesi sulla strategia Usa: (1) considerare la missione punitiva contro i talebani terminata; (2) fare pressione su paesi come la Somalia e lo Yemen; (3) rovesciare il regime di Saddam Hussein che si trovava da diversi decenni nella lista nera degli Stati Uniti.
Gli Stati imperialistici europei si accodano alla strategia americana impegnandosi non solo sul fronte afghano ma anche su altri fronti di guerra.
Insomma, come disse il politologo del Pentagono Brzezinsky tutti condividono il presupposto che l’Eurasia sia il centro del mondo e che chi controlla l’Eurasia controlli il mondo’’, e gli Usa, dal dopoguerra fino ad ora, gestiscono la politica ed il fucile.
Davanti questa schizofrenia è importante rilevare due cose: (1) la teoria dei complotti è sempre appartenuta ai dominanti, ed a loro è servita per giustificare le loro folli politiche espansionistiche (Hitler riteneva che ci fosse un complotto giudaico massonico mondiale, e i neo-conservatori americani ritengono che ci sia un complotto islamico contro l’occidente); (2) di contro tutti coloro che dimostrano, fatti alla mano, le contraddizioni proprie delle versioni ufficiali vengono silenziati dai monopoli mass-mediatici.
Nei paragrafi successivi metterò a fuoco le principali strategie Usa finalizzate alla militarizzazione del mondo.

2.      Nel 1929 Trotsky delinea questo futuro per i maggiori Stati capitalistici nel mondo:

‘’ La fase attuale acquista di nuovo l'aspetto di una "collaborazione" militare tra l'America e l'Inghilterra e anche alcuni giornali francesi temono di veder sorgere una dittatura anglosassone. Evidentemente gli Stati Uniti possono sfruttare e sfrutteranno la "collaborazione" con l'Inghilterra per far marciare alla stessa briglia il Giappone e la Francia. Ma tutto ciò costituirebbe una tappa non verso una dominazione anglosassone, ma verso una dittatura americana destinata a pesare sul mondo, Gran Bretagna compresa’’ (Leon Trotsky, Il disarmo e gli Stati Uniti d’Europa, MIA)

L’analisi di Trotsky è di una lucidità straordinaria. Negli anni ’30 gli Usa strinsero forti rapporti con la Germania nazista (e le grandi multinazionali americane finanziarono anche l’Operazione Barbarossa contro l’Urss) con il comune obiettivo di controllare l’Eurasia.
Non è tutto: nel dopoguerra l’imperialismo americano non si limitò ad impiegare il meglio delle sue forze nella lotta contro l’Unione Sovietica ma spense anche le resistenze interne al campo imperialistico come, ad esempio, il gollismo francese.
L’imperialismo più forte domina imponendo il suo sistema economico e creando delle equipe di tecnici (giornalisti, magistrati, politici) al suo servizio. Come disse il grande teorico marxista Amadeo Bordiga: ‘’ Nell'ultimo colonialismo, i bianchi colonizzano i bianchi’’ (Amadeo Bordiga, Imprese economiche di Pantaleone, 1950).
La riflessione di Bordiga merita di essere approfondita, quindi mi muoverò su un duplice binario: (1) da una parte elencherò le principali strategie della CIA per spaccare il campo socialista; (2) dall’altra parte inquadrerò il progetto degli Usa di ridurre i principali Stati imperialistici europei a degli Stati vassalli.

3.      La lotta contro il comunismo inizia, per l’imperialismo americano, dalla manipolazione del consenso. Ecco le tappe più importanti:

(1)   Edward Bernays scrisse nel 1947 The Engineering of Consent – La costruzione del consenso. Bernays, che era un nipote di Freud, capisce che le masse per avere fiducia nei leader devono credere che tutto ciò che viene detto da questi sia vero.
In questa stessa linea si muovono gli scritti di Renè Girard sull’imitazione che la destra americana userà per acquistare il consenso necessario per la guerra – ad esempio – in Irak (dove attraverso i mass media fecero degli esperimenti di ‘’comportamentismo di massa’’).

(2)   Frances Stonor Saunders, Qui mène la danse ? La CIA et la Guerre froide culturelle – Chi conduce la danza? La CIA e la Guerra fredda culturale.
Gli strateghi del Pentagono si concentrano sui comunisti anti-stalinisti per il semplice motivo che gli oppositori di destra non avevano bisogno di essere indottrinati dalla propaganda anti-comunista.
L’obiettivo degli Usa era quello di dirigere il pensiero degli oppositori di sinistra allo stalinismo; di fare in modo che non diventasse troppo radicale e quindi di manipolarlo (The Vital Center : The Politics of Freedom di Arthur Schlesinger, 1949).
I dominanti sanno che gli intellettuali (inteso come ceto sociale, o meglio sotto-classe dominata della classe dominante) sono bramosi di gloria e potere quindi, anche inconsapevolmente, oscillano fra i due blocchi sociali antagonisti fino – il più delle volte – vendersi ai dominanti.

(3)  La CIA creò un Ufficio di Strategia Psicologica attraverso cui promuoveva nel mondo la cultura anti-comunista. Questo processo si accompagnava al riciclaggio dei tecnici che collaborarono con il regime nazista (Progetto Paperclip) e l’infiltrazione dei movimenti di estrema sinistra ed estrema destra (Operazione Chaos).
Nel 1954 nasce il Gruppo Bilderberg, quasi nello stesso anno in cui viene fondata la Lega Anti-comunista Mondiale, che doveva configurare, in fase embrionale, le basi per un Nuovo Ordine Mondiale.
La linea politica è chiara: chiunque non si allinea agli interessi dell’imperialismo Usa deve essere schiacciato militarmente e questo vale anche per dissidenze interne al campo atlantico come la Francia del generale De Gaulle.
Nel 1963 il generale Lyman L. Lemnitzer (definito dallo stesso Kennedy un anti-comunista isterico) è uno degli organizzatori del complotto walzer che avrebbe dovuto portare all’assassinio di De Gaulle per mano dell’OAS.
Nello stesso anno con l’Operazione Northwoods gli Usa avrebbero dovuto rovesciare il legittimo governo cubano di Fidel Castro.
In entrambi i casi ci fu l’opposizione decisiva di Kennedy che – nonostante fosse un prodotto della mafia italo-americana – aveva capito quanto folli fossero questi progetti.
4.    Il passaggio dall’amministrazione Carter a quella Reagan, negli Usa, deve essere considerata una svolta interessante.
Jane Kirkpatrick, nel 1978, scrisse un articolo, Dictatorships and Double Standards, polemizzando proprio con Brzezinski, in quel momento consigliere di Carter.
Secondo la Kirkpatrick, l’imperialismo americano, doveva sostenere feroci dittature militari in funzione anti-comunista, mentre Brzezinski voleva limitare l’azione Usa ad un cambio di regime pilotato dall’alto.
Questa polemica è interessante perché la Kirkpatrick, all’epoca, non faceva parte dei neo-conservatori ma aderì a questa corrente solo nel 1985. Quindi annoterei questi due punti importanti per inquadrare la questione: (1) la teoria dello scontro di civiltà e del totalitarismo è trasversale ed unisce sia la destra repubblicana (neo-conservatori ed anarco-capitalisti) e sia la ‘’sinistra’’ democratica (i liberal); (2) i massacri di Somoza, Videla, Pinochet (e moltissimi altri) non devono essere affrontati da un punto di vista strettamente umanitario (violazione dei diritti umani, ecc…). Si tratta in realtà di una vera e propria scelta strategica da parte degli Stati Uniti: l’imperialismo americano decide di procedere allo sterminio sistematico di chiunque si oppone al suo progetto di conquista del mondo.
In questo modo si ha una idea chiara di cosa sia l’impero americano che, in quanto a ferocia, possiamo dire che ha superato ampiamente il nazismo.

5.    Gli Usa hanno installato dalle 700 alle 800 basi militari in tutto il mondo.
La Rete mondiale No Bases presenta questo scenario:

- Basi operative situate nel nord America, in alcuni paesi latino-americani, in Europa Occidentale, nel Medio Oriente, in Asia centrale, in Indonesia, nelle Filippine ed in Giappone.
- Basi disattivate
- Nuovi basi selezionate
- Basi di spionaggio
- Basi di spionaggio satellitare
- Paesi con basi statunitensi
- Basi la cui acquisizione è in negoziazione
- I paesi senza basi americane (Fonte:
Global Research)



A conti fatti si tratta di una inedita forma di neo-colonialismo rivolto anche agli Stati Europei. L’Italia ha 114 basi NATO sul suo territorio nazionale, giusto per fare un drammatico esempio.
L’imperialismo Usa mira a sottomettere il mondo intero alla volontà delle sue oligarchie economico-finanziarie, ma questo progetto passa attraverso il controllo militare e – di conseguenza – politico degli Stati occidentali e del Terzo Mondo (commissariati a borghesie compradore).
Chiariti questi aspetti è opportuno che mi soffermi – seppur brevemente – sullo smantellamento del gollismo che è stato il più coerente tentativo (da parte delle borghesie imperialistiche europee) di contrapporre agli yankee un proprio imperialismo autonomo.

6.    In questo paragrafo inquadrerò il tema ‘’fine del gollismo’’ elencando le tappe salienti che hanno portato all’Eliseo Nicolas Sarcozy. Inutile, per ragioni di spazio, ritornare alla figura di De Gaulle che – come è chiaro – non si è dimostrato la pedina voluta dagli Usa (soprattutto dopo il golpe interno del 1958), quindi, dato che questo movimento politico ha avuto un lungo seguito, inquadrerò solo la sua fine (pianificata da forze esterne).
La CIA, prima della crisi irakena, pianificò l’ascesa di Sarcozy secondo queste tre tappe (ben spiegate da Thierry Meyssan): (1) controllo delle burocrazie golliste; (2) eliminazione del principale rivale di destra (di Sarcozy); (3) fare fuori ogni sfidante di sinistra per vincere con certezza le elezioni (e qui la CIA utilizzò i massoni lambertisti entrati nel Partito socialista).
Meyssan ci dà un breve elenco della equipe governativa poi formata da Sarcozy:


- Claude Guéant, segretario generale del palazzo dell’Eliseo. È l’ex braccio destro di Charles Pasqua. 
- François Pérol, segretario generale aggiunto dell’Eliseo. È un associato-gestore della Banca Rothschild.
- Jean-David Lévitte, consigliere diplomatico. Figlio dell’ex direttore dell’Agenzia ebraica. Ambasciatore di Francia all’ONU, era stato sollevato dall’incarico da Chirac che lo giudicava troppo vicino a George Bush.
- Alain Bauer, l’uomo-ombra. Il suo nome non compariva negli annuari. Incaricato dei servizi segreti. Ex Gran Maestro del Grande Oriente di Francia (la principale obbedienza massonica francese) ed ex n°2 della NSA, National Security Agency statunitense in Europa (Thierry Meyssan, Operazione Sarcozy, Rete Voltaire)

In questo modo gli interessi nazionali della Francia vennero vincolati al volere dei Rothschild, della mafia francese e delle oligarchie anglo-americane.

7.    L’azione degli Usa segue, in  modo prevalente, queste due ‘’varianti tattiche’’: (1) colpire i punti nevralgici dei blocchi egemonici antagonisti per indebolirli; (2) limitare la sovranità di uno Stato facendo leva su delle equipe di tecnici filo-americani.
Sul secondo punto sopra esposto mi sono già soffermato, quindi farò qualche esempio per chiarire il primo (colpire i punti nevralgici dei blocchi egemonici antagonisti, per indebolirli) che non è di minore importanza.

8.    Con i bombardamenti contro la Serbia, gli Usa hanno colpito la Comunità Europea in un punto sicuramente strategico: la Serbia era molto vicina politicamente alla Russia, ed aveva un sistema economico misto incompatibile con il neo-liberismo economico.
Le considerazione da fare, anche in questo caso, sono due:

(1)  Gli Usa hanno volutamente vincolato le popolazioni della ex Jugoslavia all’industria tedesca (la Germania è la maggiore potenza d’area europea) per impedire un suo avvicinamento (dei popoli della ex Jugoslavia, per l’appunto!) alla Russia. Quindi l’imperialismo americano ha spinto le oligarchie europee verso un maggiore euro-atlantismo ridando prova, oltretutto, della sua forza militare.
(2) I sistemi ad economia mista devono scomparire. Gli Stati Uniti vogliono distruggere il capitalismo renano ed imporre il modello economico neo-liberista. Secondo i tecnici dell’impero devono coesistere (e vedremo fino a che punto) solo due modelli capitalistici: quello neo-liberale Usa ed il capitalismo di stato cinese.

Ovviamente un marxista sa che è impossibile un ritorno al passato, quindi la crisi del capitalismo si supera solo con la lotta di classe ed il passaggio ad un modo di produzione superiore basato sulla socializzazione dei mezzi di produzione.
9.    A questo punto penso che il progetto Usa di militarizzazione del mondo sia chiaro, od almeno spero di averlo spiegato in modo eloquente.
Penso che il capitalismo occidentale presenti questi rapporti interni fra Stati imperialistici:

Principali potenze imperialistiche: Stati Uniti d’America, Israele.
Sub-imperialismi: Inghilterra, Germania e Turchia.
Stati vassalli: Francia, Spagna, Portogallo, Italia.

Dopo di che abbiamo una lunghissima serie di Stati satellite che si muovono, solo ed esclusivamente su mandato degli Usa.
Questa classificazione, comunque, è molto soggettiva e può essere sottoposta ad ampie discussioni.

10. Come se ne esce ? La domanda richiederebbe uno studio appropriato sul soggetto rivoluzionario cosa impossibile da fare in questa sede.
Vorrei però dare dei validi riferimenti teorici, quindi riporto due brevi estratti dagli scritti teorici di Ernesto Guevara, per poi argomentare:

La storia di questa situazione è ben nota a tutti: governi fantoccio, governi indeboliti da una lunga lotta di liberazione o dallo sviluppo delle leggi del mercato capitalistico hanno permesso la firma di accordi che minacciano la nostra stabilità interna e compromettono il nostro futuro. E’ ora di scuoterci il giogo di dosso, di imporre la ricontrattazione degli ingenti debiti esteri e di costringere gli imperialisti ad abbandonare le loro basi di aggressione. (Ernesto Guevara, Discorso al II seminario economico di solidarietà afroasiatica, Algeri 1965)

In un mondo polarizzato tra due forze di estrema disparità e con interessi assolutamente contrapposti, la presa del potere non si può limitare nel quadro di un’entità geografica o sociale. Essa è un obiettivo mondiale delle forze rivoluzionarie.
Conquistare l’avvenire è l’elemento strategico della rivoluzione, mentre congelare il presente è la contropartita strategica che muove, nel mondo attuale, le forze della reazione, dal momento che si trovano sulla difensiva. (Ernesto Guevara, Tattica e strategia della rivoluzione latino-americana, 1962)



Le forze della reazione imperialistica adesso non sono sulla difensiva ma stanno massacrando il proletariato occidentale ed i popoli coloniali (o post-coloniali), però, nonostante questo, le parole di Guevara restano attualissime.
Rivolgerei l’attenzione del lettore su questi tre punti:

(1)  Le borghesie nazionali (usando un termine antico che ora andrebbe aggiornato) non possono risolvere il problema dell’autonomia nazionale. Non è possibile nessun ritorno a quello che Marx chiamava la vecchia merda del regime precedente.
(2)  Il problema del debito pubblico deve essere ricollegato al folle progetto degli Usa e del sionismo di militarizzare il mondo. Quindi è necessario respingere i dettati della nuova global class e prendere di mira le postazioni strategiche dell’imperialismo: ad esempio rivendicare, anche con azione di forza mirate, lo smantellamento delle basi NATO sul territorio nazionale.
(3)  La lotta fra la nuova pauper class e il neo-imperialismo si svolge su un piano puramente internazionale. Quindi è necessario un coordinamento europeo dei movimenti anti-capitalistici che si formano su scala nazionale.
Questi sono i presupposti minimi per ricominciare a fare paura all’imperialismo creando, per dirla con Marx, il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Adesso, sia da un punto di vista analitico che di prassi politica, siamo appena agli inizi.

Altri testi consultati:

1)    Thierry Meyssan, L’incredibile mensogna, Ed. Fantango
2)    In difesa della Jugoslavia, Ed. Zambon
3)    Ernesto Guevara, Scritti scelti, Ed. Massari