venerdì 6 maggio 2011

Editoriale – Comunismo e Comunità n° 5



Il quinto numero di Comunismo e Comunità è in uscita in versione cartacea. Presentiamo qui, come anticipazione, l’editoriale, sicuri che tutti gli amici ed i compagni rinnovino i propri abbonamenti e ne procurino degli altri, visto che si tratta di una rivista totalmente indipendente ed autofinanziata.


La Redazione



UI
(urla) Sangue! Ricatti! Furti ed assassinii! Arbitrii! Sparatorie in piena strada! Uomini che si recano al lavoro, cittadini pacifici che vanno in municipio per testimoniare, uccisi in pieno giorno! E cosa fa, io domando, il Consiglio comunale? Nulla! Perché codesti valentuomini debbono progettare certi affari poco puliti, e denigrar la gente onorata, invece di adottare delle misure!

Bertold Brecht, “La resistibile ascesa di Arturo Ui”.

Per l’ennesima volta in un paio di lustri l’Italia si è impegnata in una guerra di aggressione imperialistica.
Dopo l’attacco alla Serbia in cui la nostra aviazione fu seconda solo a quella statunitense per missioni di attacco, dopo il corpo di invasione spedito in Afghanistan, dopo quello inviato attorno ai pozzi di petrolio a noi magnanimamente assegnati in Iraq dal nostro “maggior alleato” ora stiamo attaccando la Libia appena un anno dopo aver siglato con questo Paese un patto di amicizia e di reciproca non-aggressione. Giuda non avrebbe potuto fare di meglio.
Non staremo a ripetere i perché della nostra avversione agli innumerevoli “bombardamenti umanitari”. I membri del nostro laboratorio politico li hanno discussi nel sito e su altre testate online, come Megachip.
Ciò su cui occorre invece riflettere è la tripla peculiarità di questa nuova impresa imperialistica.

1. La prima, di carattere internazionale, è che all’interno del fronte degli aggressori si sono sperimentati litigi rilevanti. La constatazione empirica è che nell’attacco alla Libia siano schierati in prima linea le vecchie potenze coloniali in Africa: Francia, Gran Bretagna e Italia, che insieme possono vantare il massacro di milioni di Africani (con record francese: quattro milioni di morti) mentre nella sola Libia il nostro Paese può rivendicare con orgoglio lo sterminio di un paio di generazioni (con orgoglio: infatti chiedere scusa di ciò, coi fatti e non con le parole, è stato considerato un atto di “incivile cortigianeria” da un ampio schieramento trasversale di forze politiche, dall’estrema destra all’estrema sinistra – con pochissime eccezioni – passando per quello che una volta si sarebbe definito “arco costituzionale”, e su ciò ritorneremo).
La Germania nelle avventure coloniali in Africa c’era e non c’era e ad ogni modo durò poco (ciononostante si fece notare dai patiti del massacro coloniale per il quasi totale sterminio degli Herero nell’attuale Namibia). E anche adesso la Germania c’è e non c’è, sottoposta a pressioni di vario tipo per dare il proprio contributo all’aggressione, pressioni tra le quali spiccano quelle politiche dei Verdi tedeschi e di alcuni settori della Socialdemocrazia. E anche su questo ritorneremo.
Gli USA in Africa invece non c’erano e anche oggi dopo che “il presidente Obama ha lanciato sulla Libia più missili di quelli lanciati da tutti i precedenti premi Nobel per la Pace messi assieme” (come è stato detto ad una radio statunitense) si sono messi a tirare le fila della vicenda da una posizione più decentrata lasciando il gioco sporco ai Paesi contractor europei e agli ascari mediorientali capeggiati dall’Arabia Saudita. Già il Segretario alla Difesa, Robert Gates, aveva infatti avvertito che avrebbe considerato demenziale un terzo maggior coinvolgimento diretto degli USA dopo l’Afghanistan-Pakistan e l’Iraq. Su questa prudenza comunque non ci giureremmo, perché ci sono variabili troppo importanti da controllare.
Ritorniamo ai litigi interni alla coalizione dei volenterosi. La Francia in questa vicenda ha giocato il ruolo di prima donna isterica. Il lato isterico gliel’hanno fornito due dame di compagnia dell’interventismo umanitario, cioè Bernard-Henri Lévy, un filosofo famoso non si sa per che cosa, ma comunque obbligatoriamente famoso per i media occidentali, e Bernard Kouchner che fu leader del Maggio Francese assieme a Daniel Cohn-Bendit, anch’egli ex contestatore libertario e da tempo embedded come i suoi amici nelle truppe della NATO e di Tsahal.
Ma se il lato isterico è questo, quello ragionato rivela almeno due cose: la volontà di neutralizzare la preferenza della Libia per l’italiana ENI nello sfruttamento degli idrocarburi fossili e quella più generale di ritornare nel gioco geopolitico africano e mediorientale da dove, assieme alla Gran Bretagna, fu brutalmente cacciata a calci nel sedere dagli USA durante la crisi di Suez del 1956.
Tutta la disquisizione NATO sì-NATO no nascondeva la volontà della Francia di avere mano libera e non essere irreggimentata dal patron dell’Alleanza Atlantica, cioè gli USA (una pretesa ragionevole dato che la Francia se la sta cavando bene nell’ingerenza omicida negli affari interni della Costa d’Avorio). In questa battaglia, così come in tutta la vicenda, è presumibile che sia la Francia sia la Gran Bretagna abbiano stretto speciali accordi con Israele per poter forzare i tempi e la mano di Obama. Formalmente la Francia ha perso la contesa e così oggi siamo di fronte ad una NATO che apparentemente stenta a capire come muoversi.
Di sicuro c’è un gran lavorio di servizi segreti, di mercenari, di forniture di armi. Occorre vedere dove si sta puntando.
Per andare avanti le potenze imperialistiche sembrano quindi costrette a ripercorrere vecchie strade. Se c’è un segnale di grossa novità in questa crisi è, paradossalmente, proprio la riesumazione del passato.
La Storia si ripete (e purtroppo non in farsa), una ripetizione che è idealmente iniziata con il ritorno di Sarajevo al centro di un conflitto europeo quasi novant’anni dopo l’attentato all’Arciduca d’Austria.
E 100 anni dopo anche noi ritorniamo all’avventura della “quarta sponda” festeggiata come evento umanitario dal Capo dello Stato e delle Forze Armate, come una sorta di appendice ai festeggiamenti dei 150 anni di unità d’Italia. Per ironia della sorte sul ponte di comando della Difesa abbiamo persino un ministro fascista. Il cerchio sembra chiudersi.
Nell’ambito del litigioso schieramento imperialistico, al lato opposto della superinterventista Francia troviamo la non-interventista Germania. Meno interessata direttamente al business del petrolio libico, la Germania prosegue nella sua Ostpolitik verso la Russia testimoniata dal gasdotto Northstream e dalla sua voglia di compartecipare anche al Southstream capeggiato da ENI. Forse l’entrata dei Tedeschi potrebbe sbloccare una situazione che sembra incartata. E qui siamo arrivati alle debolezze italiane.

Segue: http://www.comunismoecomunita.org/?p=2518

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