venerdì 10 dicembre 2010

Buoni e cattivi nel futuro scontro sociale in Italia: Le sette piaghe d'Italia [capitolo primo]  


  di Eugenio Orso


Pubblico il primo capitolo di un mio breve saggio nel quale tratto la delicata questione dei “buoni” e dei “cattivi” nello scontro sociale [e politico] che in futuro potrà sconvolgere l’Italia. Seguiranno gli altri due capitoli.

Le sette piaghe d’Italia

Disoccupazione, sotto-occupazione e precarietà diffusa indotte dalle nuove dinamiche capitalistiche, bolla del debito pubblico che minaccia di esplodere e interessi sul debito in aumento, battaglia di retroguardia per “difendere l’euro” e la minaccia di un nuovo patto di stabilità imposto dall’Europa monetaria e commerciale su sollecitazione della Germania, bassa crescita del PIL dallo stesso punto di vista capitalista e sviluppista, imbarbarimento complessivo nella società aggravato dalla diffusione dell’illegalità, dell’evasione fiscale e dell’economia criminale, crisi politica permanente nel ferale crepuscolo di Berlusconi, pericolo di un integrale asservimento del paese, nel prossimo futuro, agli interessi della finanza americana, rappresentano le sette principali piaghe che affliggono il paese, gravi al punto che possono far passare in secondo piano le rivelazioni destabilizzanti di Wikileaks ed i sospetti di tangenti ai governanti italiani per affari energetici.

La prospettiva di medio periodo che l’Italia ha davanti è sicuramente negativa, con la possibilità che si trasformi in un incubo dissolutivo, in cui gruppi sociali e politici contrapposti, incattiviti dalla “coperta sempre più corta” delle risorse disponibili, si affronteranno in una lotta ai coltelli.

Centrale, come sempre, è la questione del lavoro, dell’occupazione e del reddito da lavoro dipendente o parasubordinato, che riguarda la maggioranza della popolazione e che sembra non lasciare scampo alle nuove generazioni.

O per meglio dire, sta diventando centrale la questione del non-lavoro, del lavoro occasionale, intermittente, a termine, la cui espansione, assieme a quella della disoccupazione e dell’esclusione perpetua o di lungo periodo dai processi produttivi, ha caratterizzato questo primo decennio del ventunesimo secolo.

La prima delle sette piaghe elencate, che in realtà si alimentano l’una con l’altra, a parere di chi scrive si rivelerà decisiva, perché esistono pur sempre dei limiti invalicabili, fisici e psicologici, all’espropriazione capitalistica e alla pressione esercitata sui subordinati.

Se questo è il vulnus, se la questione sociale, del lavoro, del welfare, dell’equa ripartizione del prodotto è sempre centrale – ed è etica, prima ancora che economica – sembra logico che il potere, in tutte le sue diramazioni e sfaccettature, da quella politico-sistemica a quella mediatico-accademica, nasconda tale questione e operi sempre più spesso una “diversione”, spostando l’attenzione su questioni talora secondarie, talaltra addirittura inesistenti.

I “bombardamenti” di informazioni ai quali tutti sono soggetti ed i giudizi contraddittori servono in realtà ad operare questa diversione.

Ha scritto il filosofo americano Noam Chomsky, come esito della sua riflessione sulle strategie di manipolazione di massa, che un elemento fondamentale del controllo sociale è, appunto, distogliere l’attenzione dai veri problemi, quelli rilevanti per la maggioranza, e dai cambiamenti imposti dal potere elitistico a suo esclusivo vantaggio, utilizzando il “diluvio informativo” per la distrazione continua e la diffusione di informazioni insignificanti.

Lo possiamo notare ogni giorno, perché queste tecniche di distrazione compendiate dalla disinformazione continua sono applicate per nascondere le grandi questioni sociali, rendendo illeggibile la realtà per molti milioni di persone.

In ciò, non vi è sostanziale differenza fra l’agire del versante destro dell’unico Partito della Riproduzione Capitalistica, rispetto all’agire di quello sinistro, e per quanto riguarda nello specifico l’Italia, politica ufficiale, media e informazione, complici gli ambienti accademici e quasi tutti i sindacati, occultano sapientemente la questione sociale.

Se gli studenti e i precari della scuola insorgono in tutte le città italiane, occupando istituti e facoltà, bloccando il traffico, cercando di entrare nei palazzi del potere, scontrandosi con una polizia sempre più aggressiva, si diffonde ad arte la notizia che la riforma della scuola è ormai definitivamente passata in parlamento – cosa non vera – e che i dimostranti possono tornarsene a casa, perché ormai hanno perso la battaglia ed i massacratori della pubblica istruzione hanno trionfato.

In tempi recenti, le uova lanciate da operai esasperati contro le sedi dei sindacati “gialli” Cisl e Uil, e contro quelle di Confindustria, hanno fornito il pretesto non certo per informare sulla drammatica situazione del lavoro operaio e dipendente nella penisola, ma per poter accusare di “squadrismo”, colorato di rosso ma con tendenza al nero, i lavoratori a rischio di disoccupazione, spingendosi fino a paventare la ricomparsa di una nuova minaccia terroristica interna.

Al crepuscolo di Berlusconi, attaccato da più parti e non propriamente gradito all’amministrazione americana, come è messo bene in evidenza nei documenti di Wikileaks che lo riguardano, si sommano le faide politiche interne alla sua stessa maggioranza di governo, in via di progressivo sfacimento, ed un prolungato immobilismo nel governo del paese, se continuerà per molti mesi, rischierà di accentuare il rischio di un’implosione sistemica complessiva.

Intanto si cerca di far passare la riforma della scuola, in parlamento, e l’ugualmente perniciosa “riforma” del contratto nazionale di lavoro a livello sindacale, vincendo le forti resistenze Fiom all’interno della Cgil, passaggio fondamentale che nelle intenzioni flessibilizzanti di Confindustria e di larga parte dello spettro politico sistemico dovrebbe accompagnarsi alla demolizione dello Statuto dei Lavoratori.

Se Berlusconi nonostante la sua strenua resistenza cadrà nel giro di un paio di mesi, o addirittura entro la fine del 2010, un governo istituzionale o un nuovo governo uscito da elezioni che già si profilano con un esito incerto, porterà comunque avanti le politiche contro il lavoro, contro la scuola, contro la socialità, a tutto beneficio della finanza internazionale privatizzatrice, che vuole soddisfare anche in Italia i suoi inesauribili appetiti.

Che sia Montezemolo, oppure Casini, o Bersani, o Fini a sostituire Berlusconi, le criminose politiche economico-finanziarie antisociali rivolte contro gli interessi della maggioranza della popolazione, e perciò contro gli interessi del paese, non solo non cambieranno, ma si approfondiranno, perché l’obbiettivo sarà sempre quello di rivalersi sui redditi da lavoro dipendente, sulle pensioni e sugli “sprechi” dello stato sociale.

Nel frattempo, permane immutata l’incognita del debito pubblico [destinato ad approssimare e forse a superare i duemila miliardi di euro], e quella del peso degli interessi sul debito, fattori che possono scatenare la speculazione internazionale sempre in agguato, nonostante gli elogi rivolti a Tremonti per la sua azione di contenimento del debito.

Lo spread con il bund tedesco tenderà a lievitare, rendendo sempre più difficile e oneroso piazzare i titoli del debito pubblico.

Sono ipotizzabili fin d’ora la centralizzazione delle politiche economico-sociali degli stati “per difendere l’euro”, con una nuova e più stretta camicia di forza imposta alle economie europee più deboli, attraverso uno stringente patto di stabilità che è in cantiere, ed un presumibile aumento della spesa per interessi in un paese in bilico come l’Italia.

Sotto la vaga espressione di “Mercati ed Investitori”, infatti, si nascondono gli animal spirits dei globalisti necrofori, i quali attendono come avvoltoi che cadano una ad una le tessere meno solide del mosaico europeo, e meglio se si tratterà di un boccone grosso, ben più grande e succulento della piccola Grecia.

Far fuori Berlusconi, il PdL e [soprattutto] la Lega sono, in sé, cose buone e giuste, ma quello che ci attende, nel dopo, non è una liberazione da celebrare, come credono il Popolo Viola ed i supporters dell’Italia dei Valori, bensì il colpo di mannaia definitivo.

Il successore di Berlusconi, con buona probabilità, sarà un “Quisling” della classe globale americana ed opererà totalmente, sul piano interno come su quello della politica estera, per tutelarne gli interessi a scapito di quelli dell’intero paese.

Da quel di Soci, in Russia, il clownesco nottambulo ultrasettantenne di Arcore sembra ancora una volta blandire i “pettegolezzi” diplomatici che lo riguardano direttamente, resi pubblici dal sito Wikileaks, in quanto si tratterebbe del chiacchiericcio di funzionari dell’amministrazione americana da lui definti di secondo piano.

Secondo quanto dichiara pubblicamente Berlusconi, i giudizi fastidiosi dati sulla sua persona non devono essere enfatizzati e, soprattutto, non bisogna credere che il premier-nottambulo, oltre alle continue “feste selvagge” con droga e minorenni, sia rimasto invischiato in una sorta di tangentopoli internazionale, per quanto riguarda gli accordi energetici con la Russia, con la promessa a Berlusconi di una percentuale, a detta di Ronald Spogli [ambasciatore americano a Roma che riporta la “soffiata” dell’ambasciatore georgiano in Italia], per i gasdotti realizzati da Gazprom in collaborazione con Eni.

I funzionari americani “di secondo piano” che avrebbero sparlato di lui, avrebbero ricavato certe informazioni dalla solita stampa che denigra il cavaliere, quella di “sinistra” che lo tiene costantemente sotto tiro.

Se negli accordi energetici di lungo periodo l’Eni ha mostrato di avere un grande potere, anche sul piano politico, queste complesse trame si sono sviluppate con continuità durante il periodo dell’esecutivo di Romano Prodi [dal maggio del 2006 al maggio del 2008], quando Berlusconi non era al governo.

Va anche precisato, inoltre, che nonostante l’attivazione di partnership internazionali contrarie agli interessi strategici americani, nonostante l’intesa fra Eni e Gazprom e gli accordi del 2008 con la Libia, i benefici occupazionali millantati per i lavoratori dipendenti e i pensionati, per la maggioranza della popolazione perseguitata dallo spettro della precarietà, da costi della vita insostenibili in rapporto ai redditi – ivi compresi i costi dell’energia per il riscaldamento domestico e quelli della benzina alla pompa –, puntualmente non si sono visti ed il processo di impoverimento e de-emancipazione è continuato senza inversioni di tendenza.

Ciò che ha contato più di ogni altra cosa sono le imposizioni globaliste in materia economica, finanziaria e commerciale, filtrate attraverso il FMI, la BCE e la UE.

Nell'attesa del disarcionamento definitivo del cavaliere, che in questi ultimi mesi è sembrato più difficile del previsto nonostante la secessione finiana, dalla recente presentazione del 44esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese [2010] apprendiamo, grazie al sociologo Giuseppe De Rita, che leaderismo e carisma non seducono più le masse, e che gli italiani sono stanchi della personalizzazione della politica, con circa il 71% degli stessi che comincia ad accorgersi della gravità della situazione economica e non ritiene che sia il caso di ampliare i poteri del capo del governo.

Alla caduta di Berlusconi, che resiste caparbiamente nei palazzi pubblici e privati temendo di finire, una volta uscito da lì, fra le grinfie di una magistratura autoreferenziale e vendicativa, e di vedere il suo impero privato fatto a pezzettini, non farà certo seguito l’estinzione immediata del cosiddetto berlusconismo, poiché questa cancrena politica, culturale e sociale – che non è una forma nuova di populismo antagonista, ma soltanto un esito spregevole della liberaldemocrazia italiana – continuerà nella sua azione nefasta e con essa proseguirà la deleteria azione leghista nel nord della penisola.

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