giovedì 30 dicembre 2010

La stato-nazione è il male minore di fronte all'adunata di invasati “umanitari”



di Costanzo Preve

Nell’attuale congiuntura storica (e non in uno spazio-tempo astrattamente razionale, ma per ora inesistente) io sono contro l’Europa, non la voglio, preferirei il mantenimento di stati-nazionali sovrani, collegati evidentemente da facilitazioni commerciali e culturali e da alleanze militari difensive, che non impediscano però la piena ed assoluta sovranità. Se penso questo, è perché oggi, con l’attuale classe politica, con l’attuale classe mediatico-niversitaria, con l’attuale senso di colpa collettivo continuamente innaffiato dal peggiore gruppo intellettuale della storia europea dal tempo degli etruschi la sola Europa possibile è quella dell’impero occidentale a guida USA. Stando così le cose, io non voglio questa Europa. Voterei contro in qualunque referendum, e mi spenderei apertamente per la sua pubblica negazione.

Detto questo, per non lasciare equivoci di sorta, credo che l’attuale Europa si basi su almeno due “errori metafisici”. Prendo l’espressione del notevole filosofo tedesco (oggi dimenticato) Georg Simmel, che considerava un “errore metafisico” il privilegiare i mezzi rispetto ai fini nell’uso degli strumenti tecnici e nel consumo dei beni, per cui l’avere prendeva il posto dell’essere (secondo la corretta formulazione di Erich Fromm), e così la stessa finalità (il vivere bene, eu zen, secondo Aristotele) era cancellata. Il primo errore metafisico è di tipo economico, ed il secondo di tipo culturale. Li segnalerò brevemente entrambi, ma è evidente che il tema è di tale importanza da meritare uno sviluppo maggiore.

Il primo errore metafisico è di tipo economico. Le oligarchie hanno infatti pensato che bisognasse “cominciare” con una unificazione monetaria (l’euro) e commerciale, e che - per così dire – il resto sarebbe venuto dopo automaticamente (come diceva Napoleone, l’intendance suivra). Ma i profili nazionali e gli interessi dei popoli non sono affatto una “fureria” come per le truppe in marcia. Questo economicismo esasperato, ideologia spontanea degli imprenditori e dei loro teologi, gli economisti che mentre fumano la loro pipa-totem emettono mantra in lingua inglese, lingua sacra del capitalismo, non corrisponde per nulla alla vita reale degli individui, delle classi, dei popoli e delle nazioni, ma li stravolge tutti per i suoi scopi. I sistemi scolastici, cresciuti in circa duecento anni di storia in ogni paese per corrispondere al suo profilo nazionale, sono stati distrutti per essere “adattati” ai vincoli comunitari. I professori liceali sono stati degradati a prof e a poco più di animatori sociali assistiti da bande di pedagogisti, psicologi e sindacalisti invasivi (il titolo intero di “professore” è stato riservato ai soli professori universitari, il nuovo sacerdozio cosmopolitico globalizzato), e la stessa università è stata distrutta con corsi triennali ridotti ad esamifici per il futuro lavoro flessibile e precario. La spaventosa inflazione derivata dall’introduzione dell’euro ha comportato di fatto (le statistiche lo testimoniano) l’erosione di trenta anni di conquiste del lavoro salariato europeo organizzato. Il dominio militare Usa non è stato minimamente diminuito, ma anzi si aumentano e si ampliano le basi. In definitiva, l’errore metafisico consiste in ciò, che si vorrebbe che gli europei amassero l’Europa quando la stessa Europa si è manifestata di fatto con un peggioramento delle loro condizioni di vita, l’apertura di un epoca di aspettative decrescenti per la classe media, la precarizzazione e la flessibilizzazione del lavoro dipendente, la degradazione del sistema scolastico e universitario, l’aumento del controllo del dominio militare USA, ecc. È il caso di dire: no, grazie!

Il secondo errore metafisico è di tipo culturale. Si è infatti sviluppato una sorta di “gioco al massacro”, o gioco delle cancellazioni reciproche, per cui la casta analfabeta e settaria degli intellettuali europei è stata chiamata a “cancellare” le tradizioni culturali che erano odiose a ciascuna scuola. È come se nel mondo antico i platonici, gli aristotelici, gli epicurei e gli stoici fossero stati chiamati a “cancellare” ciò che non piaceva a ciascuno, per cui alla fine l’identità culturale del mondo antico sarebbe risultata o da cancellazioni, o da veti reciproci, o da una sorta di eclettismo concordato per cui erano messi tutti per quieto vivere e per “politicamente corretto”, senza che però nessuno ci credesse veramente. E così abbiamo assistito al demenziale scontro tra fautori “religiosi” dell’identità detta ebraico – cristiana e fautori “laici” della eredità detta razionalistica, illuministica e dei cosi detti “diritti umani di libertà”. In proposito svolgerò due sommari ordini di ragionamento.

In primo luogo, non capisco che cosa voglia dire eredità ebraico-cristiana, a meno che si intenda il fatto che nella Bibbia c’è sia l’Antico che i Nuovo testamento. L’identità ebraico-cristiana naturalmente non esiste, non è mai esistita come fatto unitario, e non esisterà mai, ed il fatto che questo improbabile concetto sia stato coniato deve essere fatto risalire esclusivamente al complesso di colpa per il così detto “olocausto”. L’Europa ha una tradizione primariamente cristiana (senza dimenticare mai un fatto che nel paese di Padre Pio è costantemente dimenticato, e cioè che i cristianesimi sono tre, e cioè cattolicesimo, protestantesimo ed ortodossia, e sono tutti e tre sul medesimo piano), e solo secondariamente ebraica e musulmana. Se ci si riferisce al monoteismo normativo e prescrittivo, allora non c’è nessun profilo binario ebraico – cristiano, ma c’è un profilo ternario cristiano-ebraico-musulmano. Dire ebraico-cristiano oggi significa soltanto escludere l’Islam. Dica pure qualcuno che gli ebrei sono i nostri “fratelli maggiori”. Per quanto mi riguarda, i miei fratelli maggiori sono i greci, i miei cugini primi sono i cristiani, e tra i miei cugini secondi ho anche sia musulmani che ebrei. Nessuno mi costringerà mai a belare accettando ciò che il politicamente corretto mi appiccica al bavero della giacca.

In secondo luogo, non c’è alcun dubbio che il razionalismo moderno abbia prodotto le due teorie convergenti e complementari del diritto naturale (giusnaturalismo) e del contratto sociale (contrattualismo). E tuttavia il fatto che da queste due componenti (e segnatamente dalla prima) sia derivata l’attuale teologia interventistica dei cosiddetti “diritti umani” (ad apertura alare asimmetrica e con bombardamento interventistico differenziato) non elimina un fatto grosso come la catena delle alpi. E questo fatto sta in ciò, che all’interno di questo stesso pensiero europeo la fondazione giusnaturalistica dei diritti umani è stata criticata “in tempo reale” prima da Hegel (e dai successivi differenziati hegelismi di destra e di sinistra) e poi da Marx (tenendo conto che il pensiero marxiano originario deve essere tenuto ben distinto dalle formazioni ideologiche marxiste posteriori, tipo quella egemone di Stalin). Ora, so perfettamente che in questa provvisoria congiuntura storica Hegel e Marx sono stati cancellati come cani morti e consegnati ad irrilevanti gruppi di hegelologi e di marxologi accademici, ma ripeto che questo è dovuto soltanto ad una provvisoria congiuntura storica. È molto probabile che tra cinquant’anni le cose andranno diversamente, e sarà finita l’epoca della fine della storia (Fukuyama), del disincanto verso le grandi-narrazioni (Lyotard) e del cosiddetto (e ridicolo) “patriottismo della Costituzione” (Habermas, Napolitano, ecc.).

Per il momento, parafrasando i giudici “golpisti” di Mani Pulite, possiamo ispirarci ad un solo motto: resistere, resistere, resistere. Nessuna adesione a profili inesistenti come quelli chiamati “ebraico-cristiano” o “dei diritti umani”.



L’ideologia dei diritti umani è in questo momento storico il male maggiore del panorama ideologico internazionale (dico “ideologico”, non certo filosofico o religioso). In questo momento, essa è una semplice teologia del diritto all’interventismo imperialistico, e come teologia normativa viene insegnata ai giovani studenti dei dipartimenti universitari di studi internazionali, perennemente eccitati all’idea di essere l’equivalente laicizzato professionale dei vecchi missionari (Kosovo, Irak, Birmania, Sudan, eccetera). Mi spiace dover dire una cosa simile, perchè mentre molti filosofi appartengono a correnti apertamente relativistiche (Richard Rorty, Gianni Vattimo, lo stesso Alain de Benoist), io sono invece un vecchio e tenace universalista, della stessa scuola universalistica di Spinoza, Hegel e Marx. Inoltre, ho sempre condiviso la tesi di fondo del filosofo tedesco Ernst Bloch, per cui il diritto naturale è un alleato della dignità dell’uomo. Ma tutto questo non mi impedisce di capire la natura interventistica dell’ideologia dei diritti umani.

Dal momento che l’impero americano ha un fondamento messianico-religioso, e non certamente giusnaturalistico-razionalistico, esso non ha alcun vero interesse per i diritti umani, che sono pur sempre un terreno di dibattito filosofico razionalistico. Ma esso usa strumentalmente questa ideologia, perchè sa bene che essa è il terreno ideale di incontro con la parte più stupida degli intellettuali europei (e cioè la parte che va dal novanta al novantacinque per cento del totale). Questa intellettualità esce da una delusione nei confronti del proprio precedente universalismo, rivoluzionario-comunista o anche moderato-socialista, ed è quindi pronta a sublimare le sue precedenti illusioni con un mutamento di funzione del proprio passato universalismo, che passa così dalla trasformazione sociale al desiderio di punire i dittatori, non importa se glabri, baffuti o barbuti. È anche in questo modo che l’universo simbolico degli USA tiene al guinzaglio tutta questa gente disorientata, confusa e fallita. Bombardare lo Zimbawe! Bombardare il Myanmar! Bombardare il Sudan! Bombardare l’Iran! E se non si può bombardare, almeno embargo, embargo, embargo!

È evidente allora che lo stato-nazione è il male minore, di fronte a questa adunata di invasati “umanitari”! Non ha forse fatto una cosa meravigliosa il generale De Gaulle, cacciando le basi americane e restaurando il sacrosanto stato-nazionale francese? Non deve forse essere ammirato il grande Fidel Castro, nel difendere lo stato-nazionale cubano? Non sarebbe meraviglioso se un vero stato nazionale italiano restaurasse la sovranità politica e militare, congedando tutte le basi USA e Nato presenti nel paese, in modo che in Italia (che nessuno altro stato nazionale vicino minaccia!) ci siano soltanto militari armati del nostro paese?

Con questo, voglio assicurarvi di essere personalmente consapevole che i piccoli stati nazionali non sono sufficienti per resistere e muoversi sullo scacchiere geografico globalizzato. Mi è completamente noto. E nello stesso tempo, l’Europa di oggi è quella dei Solana e dei D’Alema. Pensiamo veramente di fermarli? È molto difficile. Per questa ragione, insisto che una bella indipendenza nazionale (tipo Venezuela e Iran, per intenderci) è comunque un male minore, e quindi un bene maggiore, rispetto al peggio. Ed il peggio è oggi l’ideologia interventistica dei diritti umani.

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