venerdì 28 gennaio 2011

Nazione e comunità: definizioni e chiarimenti
  
 Maurizio Neri

Il comunismo, inteso nel senso di Marx, si è storicamente proposto come movimento spontaneo possibile dall' insorgere di una contraddizione tra classi esasperata, che avrebbe portato la sempiterna lotta di classe a sfociare nell'ultimo stadio dell'evoluzione sociale: l'avvento di una società senza classi attraverso l'egemonia temporanea del proletariato e la successiva estinzione naturale dello Stato, del potere, delle istituzioni e di tutte le sovrastrutture a ciò connesse. In questo processo di liberazione dalle catene, non vi era alcuna comunità politica pensata come intermediazione tra uomini singoli e vita sociale, poiché la vita sociale, superata la contraddizione del capitale avrebbe superato la scissione rispetto alla vita personale tipica dei modi di produzione conflittuali.
Da tale visione prende forma l'idea di un comunismo spontaneo che si afferma per via decostruttiva, ovvero destrutturando poco a poco l'uomo dalle incrostazioni sociali che lo condizionano.
Proporre un comunismo comunitario, cioè incentrato sulla complessa nozione di comunità, significa in realtà respingere dalla base la concezione del comunismo come movimento spontaneo che non necessita di alcuna entità autocosciente collettiva ( se non la comunità umana ultima universale), e aver chiara l'idea che tra singolo ed universale, come tra singolo e sociale, vi sarà sempre un salto ontologico troppo grande per poter credere in un innesto armonico senza filtri di sorta.
La comunità, allora, è proprio quel filtro che segna il passaggio tra uomo e universale, e tra uomo e suo essere in comune con l'altro. E lo è in due maniere:da un lato essa rappresenta il momento politico di riflessione comune, che si interpone tra persona e società, permettendo ad ognuno di rivelare il suo essere politico.
Dall'altro è reale momento di unità intermedia tra uomini, e si declina come identità collettiva sotto innumerevoli forme: familiare, affettiva, di conoscenza, di mestiere, di professionalità, territoriale, nazionale, linguistica, statale, ed infine universale umana ( la vera comunità umana/gemeinwesen).

Affinchè la comunità umana universale (gemeinwesen) sia davvero un concetto reale, e non un'astrazione consolatoria del nostro essere a-comunitari precipitati nel cinismo sociale conflittuale, bisogna fare in modo che la comunità intermedia in ogni sua forma sia riconosciuto luogo di legame sociale tra uomo e uomo.
“La furia del dileguare” espressione utilizzata da Hegel nella sua critica all'astrattezza dell'utopia comunitaria roussoviana, è stata elemento dominante nel comunismo storicamente predicato e proposto.
Re-immettere il comunismo nella comunità reale, significa rigettare utopie dissolutorie, rigettare appunto la furia del dileguare, in favore di utopie e di pratiche costruttive. Costruttive senza ansia rigeneratrice.
Non si costruisce su terra bruciata, ma si costruisce su ciò che già c' è.
Così come i medioevali costruivano le città sui resti di quelle romane, riutilizzandone il materiale e valorizzandone i siti, il comunismo deve essere costruito con il materiale reale esistente, e non con inesistenti purezze creazioni da laboratorio.
Questo significa valorizzare la comunità, come forma immanente dell'azione umana, come realizzazione quotidiana del singolo teso all'universale.

La ragione per cui il termine comunità è molto più pregnante e onnicomprensivo del temine nazione, è a questo punto ben comprensibile.
La nazione è valida e sacrosanta forma comunitaria, ma non è l'unica declinazione possibile del concetto comunitario.
Se così fosse, e se il termine nazionale, nazionalitario o nazione divenissero momenti univoci sloganistici, si incorrerebbe nel rischio di fare della nazione un lasciapassare a tutto campo per l'incontro tra singolo e universale. Così non è, poiché la nazione, è semplice espressione particolare di una comunità possibile, e, sopratutto all'interno di essa, vivono e nascono comunità intermedie di vitale importanza.
Rinunciare al nazionalitarismo come fattore sloganistico non significa affatto rigettarlo come pensiero forte relativo alla concezione della nazionalità.
Il nazionalitarismo che dobbiamo difendere è tutto nella considerazione dell'importanza dell'espressione libera culturale, linguistica e tradizionale di popoli coesi ed autocoscienti.
Ma essere nazionalitari, non può neanche assurgere a forma ideologica aprioristica, che induce alla difesa dell'indipendenza statuale possibile di nazionalità o etnie, indipendentemente dai contesti e dalla reale percezione che i popoli hanno realmente di loro stessi nel presente.
Credendo che la nazione sia un concetto dinamico, aperto, in divenire, applicare un nazionalitarismo ideologico -accademico, per cui ad ogni etnia-lingua deve corrispondere la difesa senza quartiere del diritto di indipendenza, è pura operazione astratta, fatta dall'alto di una teoria e non dall'interno delle dinamiche reali di popoli liberi.
In termini concreti il nazionalitarismo reale ( da opporre a quello ideologico ) deve avere quattro priorità:
1) la difesa della libertà formale di ogni popolo potenzialmente autocosciente di determinare in forma democratica il proprio futuro, manifestando attraverso libere elezioni eventuali volontà indipendentiste.
2) La difesa della lotta, anche armata, qualora realmente necessaria, dei popoli oppressi, ovvero viventi in forme di impossibilità di esprimere in alcun modo la propria cultura e specificità. In proposito, senza scendere nei singoli esempi, bisogna essere molto chiari, perchè l'argomento si presta a manipolazioni demagogiche o a logiche di tipo lobbistico ed imperialistico che nulla hanno a che vedere con un nazionalitarismo puro e verace. L'oppressione reale e giuridica è il vero criterio dirimente per legittimare lotte che travalicano i confini della democraticità e l'uso della violenza, ricordando che il ricorso a lotte impositive è legittimo solo laddove non esiste in alcun modo altra possibilità.
3) La lotta per forme di inter-comunitarismo politico (questo si indipendentemente dalle condizioni specifiche d'ogni nazionalità) all'interno degli stati politici esistenti, difendendo la possibilità della convivenza plurinazionale, difendendo la sovranità politica statale dove minacciata da separatismi etero-diretti
4) La propagazione di uno spirito patriottico democratico, fondato sulla fede nella comunità politica, in senso costituzionale e progettuale, da intendersi dunque in opposizione alla visione nazionale di tipo culturale ed etnico. Esempi luminosi di patriottismo politico immerso tra presente e passato e dunque non metastorico, è quello sudamericano, di nazioni come Cuba , il Venezuela, la Bolivia. La proposizione di un sano patriottismo civico, aperto e plurietnico, estraneo ad ogni logica di sciovinismo o di etnicismo, è uno dei nostri obiettivi politici e culturali al tempo odierno in Italia, paese sempre più supino a logiche esterne alla propria vita politica nazionale autonoma, e sempre più in crisi di rappresentanza strutturale causata dalla dipendenza del potere dominante da poteri esterni consacrati persino dalla presenza di basi militari di controllo.
In tale senso la lotta per un'Italia indipendente nell'alveo di un Europa da ricostruire, deve essere ideale faro d'azione: non certo per affermare un italianismo culturale sciovinistico ed annichilitore di altre etnie, o persino potenziali nazionalità coesistenti presenti nel nostro territorio, ma, al contrario, per sviluppare il senso d'appartenenza intercomunitario in un alveo politico storicamente formatosi in unità e potenziale condivisione nella differenza e nel rispetto delle tradizioni delle varie comunità interne.

Su queste quattro linee guida si può sviluppare una sensibilità nazionalitaria non ideologica.

Per concludere questo breve scritto chiarificatore, il ricorso al termine comunità, come primo riferimento politico ( di presentazione e di sostanza) è inerente all'onnicomprensività e alla trasversalità del termine comunità, rispetto alla parzialità ed all'univocità del termine nazione.
La nazione, come detto, non è che una possibile comunità particolare, ma non incarna in toto il senso di comunità che nella nostra elaborazione teorica vuole essere il centro motore di riproposizione di un comunismo politico fondato sul comunitarismo filosofico.
La sovranità della nazione politica, nonché la valorizzazione della nazionalità culturale coesistente, sono obiettivi politici e istanze collettive di cui ci facciamo portavoce e difensori, contro la cultura anti-democratica ed atomistica del potere globale concentrato nella mani di gruppi oligarchi senza patria né comunità.
Ma la comunità, intesa in ogni sua forma, livello e declinazione, è il vero oggetto di interesse complessivo cui ci rivolgiamo per ricostruire un pensiero anti-capitalista forte e radicato nella vita reale dell'uomo.

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