venerdì 21 ottobre 2011

Gheddafi, capo di Stato resistente




Siamo così giunti all’epilogo simbolico della più recente vergogna colonialistica targata occidente: la conquista armata della Libia camuffata dalle consuete scuse umanitarie. Il copione era scritto, i protagonisti noti ed è tanto lo sdegno e la vergogna di appartenere a questo angolo prepotente e nichilista di mondo, che quasi si fa fatica a commentare la morte di Muammar Gheddafi. Verrebbe infatti da starsene in silenzio e tacere decorosamente, perché i fatti, per chi li vuole comprendere, e la verità, per chi la vuole vedere, parlano da sé. Il silenzio, però, è assieme alla confusione, il migliore alleato della menzogna e della barbarie. Pertanto, è doveroso parlare, ricostruire il filo della verità, smascherare la menzogna ed esprimere sdegno. Sdegno e distanza dalla misera compiacenza degli agenti politici del capitalismo occidentale che agiscono per conto terzi e per conto terzi si addolorano, si compiacciono, parlano di diritti umani, democrazia e libertà e gioiscono per la morte di Gheddafi, per la morte cioé di uno dei tanti e fragili ostacoli posti al dominio assoluto (e grazie al cielo in via di lenta, ma inesorabile decadenza) dominio dell’occidente.

Muore Muammar Gheddafi trucidato dalle bombe Usa-Nato e poi finito dagli ascari in servizio (i cosiddetti ribelli). Muore nella città più fedele al governo, nella sua Sirte, ultimo baluardo della resistenza contro l’occupazione straniera. Muore da capo di Stato fiero che ha deciso di non lasciare la propria patria pur avendo avuto numerose occasioni per farlo uscendo silenziosamente di scena e lasciando che il proprio paese fosse spartito dagli avvoltoi.

Non ci interessa parlare di Gheddafi, della sua linea politica perseguita negli ultimi anni, delle sue storiche glorie di anticolonialista, delle sue politiche attive recenti per l’unità panafricana, per l’indipendenza del terzo mondo e per la sovranità del popolo libico e la sua relativa prosperità, nonché naturalmente dei suoi errori, dei suoi eccessi, delle sue recenti capitolazioni (parziali) all’imperialismo e al capitalismo. Non ci interessa parlarne adesso.

Farlo significherebbe cadere nel tranello imposto dalla dittatura dei diritti umani per cui i cattivi della favola meritano la morte e la distruzione del proprio paese (non importa se con lo sterminio di centinaia di migliaia di persone e l’abbattimento di una nazione, e non importa se con l’ausilio alternato di tagliagole fondamentalisti islamici o di giovani ribelli libertari).

Ci interessa parlare del Capo di Stato che muore resistendo fino all’ultimo all’invasore. Ci interessa puntualizzare per l’ennessima volta i ruoli. Chi è l’aggredito e chi l’aggressore. Chi è il resistente e chi l’impostore. Chi è il capo legittimo (che piaccia o no e indipendentemente dai suoi pregi e difetti) e chi il fantoccio manipolato e usato per conto terzi.

L’occidente capitalistico e imperialista mostra ogni giorno il proprio volto di giustiziere sterminatore, posto al di là della legge positiva e naturale. Un giustiziere travestito da buon padre di famiglia che dispensa buoni consigli e buone pratiche in giro per il mondo spiegando ai poveracci della terra come si conquista la civiltà liberal-capitalistica di mercato, come si annullano gli ostacoli per realizzarla, come si debbano annichilire le culture devianti, le politiche sovrane e il dominio della politica sull’economia. Che lo faccia con la carota o con il bastone il risultato non cambia ed è l’omologazione e la sottomissione del pianeta terra alla volontà di dominio della civiltà Euro-americana contemporanea (con all’interno i noti rapporti gerarchici tra gli stessi dominatori).

Alla Libia è toccato il bastone. Un bastone pesante costato la vita a migliaia di civili, costato la distruzione delle principali infrastrutture di un paese prospero e indipendente, costato la sovranità di un popolo non del tutto piegato alle direttive imperiali…e costato infine la morte fisica e simbolico del capo. Milosevic lasciato morire nelle carceri dei padroni del mondo; Saddam impiccato dal tribunale dei fantocci dell’impero; Gheddafi bombardato dal cielo e giustiziato da un manipolo di servi.

Come ha affermato il nostro goffo e squallido presidente del consiglio: “sic transit gloria mundi”. Sì, passerà come il vento, cancellata dall’inesorabile scorrere del tempo, la vanagloria meschina degli oppressori che ordinano di lanciare missili contro le città esotiche dei “barbari”. Ma il tempo non cancellerà, invece, il coraggio e le idee di chi alla vera barbarie resiste.

Maurizio Neri

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