martedì 11 ottobre 2011

La resistenza venezuelana fra ratti e corvi imperialisti



di Stefano Zecchinelli

’’Trionfi, la Rivoluzione nazionale sarà socialista; arrestino il suo slancio, la borghesia colonizzata prenda il potere, il nuovo Stato, ad onta d’una sovranità formale, resta nelle mani degli imperialisti’’ Jean-Paul Sartre

‘’I fascisti non sono esseri umani. Un serpente è più umano di un fascista’’ Hugo Chavez

‘’La misura della menzogna è il fattore decisivo per farla credere, poichè le grandi masse di una nazione sono, nel profondo del cuore, più facilmente ingannate, piuttosto che consapevolmente e intenzionalmente cattive. La primitiva semplicità delle loro menti le rende facile preda di una bugia grande, anzichè di una piccola, anche perchè esse stesse spesso raccontano piccole bugie, ma si vergognerebbero di raccontare grandi bugie'' Adolf Hitler



1. Un recente intervento del compagno Riccardo Achilli prende in esame, a mio avviso molto bene, l’attuale situazione del Venezuela chavista spiegando, con puntualità, meriti e debolezze della, così detta, ‘’rivoluzione bolivariana’’. L’articolo di Riccardo critica prevalentemente le contraddittorie posizioni interne alle varie anime di sinistra, sostenendo (a ragione) che il motivo della debolezza di queste critiche risiede nella vergognosissima compromissione della sinistra occidentale (per me schifosissima ‘’sinistra colta’’) con le oligarchie economico-finanziare, promotrici di un inedito cosmopolitismo hitleriano.

In questo articolo non farò una analisi della situazione politica e sociale del Venezuela (a parte un paragrafetto introduttivo), anche perché Achilli è un bravissimo economista e potrebbe fare ciò un milione di volte meglio di me, ma (cosa che più mi compete) cercherò di spiegare come gli sgherri del Gran Capitale cercano di creare l’opinione pubblica adatta per rovesciare ‘’Stati canaglia’’ tipo il Venezuela. Dirò subito, senza ipocrisie, che davanti i colpi di coda dell’imperialismo americano, queste brevi note vogliono prendere le parti del modello bolivariano, a cui va dato un sostegno critico (un po’ come fece il MIR con Allende), ma di certo da difendere in tutti i modi dalle minacce dell’imperialismo.

2. Prima di affrontare il problema della disinformazione di regime, dirò due cose – direi che sono obbligato ad introdurre così la questione – sulla natura sociale del Venezuela. Di mio tendo a definire i regimi nazional-progressisti (dal ‘’socialismo arabo’’ al bolivarismo) come ‘’Dispotismi sociali’’ (formula che mi sembra più corretta rispetto a ‘’capitalismo di stato’’) dove le borghesie nazionali, per fronteggiare l’imperialismo, fanno ‘’blocco sociale’’ con il ‘’proletariato’’. La fragilità della società civile (l’abbiamo visto con la Libia o con l’Irak) comporta il passaggio dal ‘’centralismo democratico’’ al conseguente ‘’centralismo burocratico’’, in pratica ciò che Gramsci chiamò ‘’statolatria’’. Non è casuale che nel Nord Africa il Partito Ba’th abbia strozzato (usando anche la legge islamica che vieta l’usura) le borghesie mercantili, creando un forte ‘’blocco sociale’’ (rapporto di produzione + ideologia) a suo sostegno.

Una notevole studiosa, eroica figura del movimento operaio cileno fuggita al regime di Pinochet, come Marta Harnecker (di scuola althusseriana), nonostante queste contraddizioni ha individuato nel progetto di Chavez una possibile alternativa al neo-capitalismo. Dalla rivoluzione politica a quella sociale? Speriamo, staremo a vedere.

Adesso posso affrontare il problema delle strategie di controllo usate dall’impero, partendo, in primis, da una analisi dello scontro fra le potenze che è in atto, e poi inquadrando il ruolo dei mass media. Mi metto al lavoro con la speranza di dare a chi legge una idea chiara della situazione.

3. Un importante teorico marxista come James Petras ha delineato questa gerarchia imperiale (con cui mi sento di concordare in buona parte):




''I. Gerarchia dell’Impero (dall’alto verso il basso)
A. Stati Centrali Imperiali (CIS)
B. Potenze Imperiali di recente Emergenti (NEIP)
C. Regimi Vassalli Semi-autonomi (SACR)
D. Regimi Vassalli Collaboratori (CCR)


II. Stati Indipendenti:
A. Rivoluzionari
Cuba e Venezuela
B. Nazionalisti
Sudan, Iran, Zimbabwe, Corea del Nord


III. Aree di contrasti e Regimi in Transizione
Resistenze armate, regimi eletti, movimenti sociali''.

A me interessa principalmente approfondire il secondo punto, quello sugli Stati indipendenti, mentre sul primo e sul terzo punto segnalo subito alcune cose di particolare interesse.
All’interno di questa carneficina planetaria Istrale, lo Stato assassino e terrorista di Istraele, è una anomalia, perché da una parte è una potentissima forza neocoloniale, e dall’altra, tutto questo arsenale omicida fa capo ad un piccolo stato con una popolazione (che promuove campagne di boicottaggio interne contro le sue borghesie imperialistiche) molto modesta, almeno come densità demografica.
Ciò significa, o almeno potrebbe significare, che siamo oltre alla involuzione nazionalistica descritta da Lenin nei testi sull’imperialismo; comunque l’argomento è complesso e meriterebbe un saggio a parte, non posso di certo argomentare in questa sede.
Per ciò che riguarda il terzo punto la mia posizione è sempre stata chiara: i movimenti di liberazione nazionale vanno sostenuti, senza se e senza ma, perché al momento sono i soli in grado di infligge dei colpi mortali all’impero centrale, marcato Usa-UE.

4. Passo al secondo punto per poi arrivare al Venezuela.

Petras dice:


‘’ Sfide al sistema imperiale arrivano da due fonti: gli stati relativamente indipendenti e i movimenti forti socialmente e politicamente.
Gli stati “indipendenti” sono regimi che si oppongono e per questo sono presi di mira dagli stati imperiali. Questi “indipendenti” includono il Venezuela, Cuba, l’Iran, la Corea del Nord, il Sudan e lo Zimbabwe. Quello che caratterizza questi regimi come ‘indipendenti’ è la loro volontà di respingere le politiche delle potenze imperiali, e in particolar modo gli interventi militari imperiali. Inoltre respingono le pretese imperialiste di accesso incondizionato ai mercati, di risorse e di basi militari.
Questi regimi si differenziano notevolmente in termini di politiche sociali, dall’entità del sostegno popolare, dalle loro identità secolari-religiose, dallo sviluppo economico e dalla consistenza nell’opporsi alle aggressioni imperialiste’’.

James Petras è fra più bravi marxisti che ci sono in circolazione e i suoi testi mi sono sempre di grande aiuto, però questa volta non sono d’accordo con lui. Diffido fortemente dalle ‘’rivoluzioni su base religiosa’’ tanto più che le ideologie pre-industriali hanno spesso nascosto il volto dell’imperialismo, sia da parte delle borghesie compradore, che da parte delle borghesie nazionali in espansione.
Le classi dominanti fanno in modo che le masse sfruttate si difendano dall’alienazione coloniale esasperando l’alienazione religiosa, e cumulando le due alienazioni; l’una si rafforza con l’altra.
A riguardo ci sono delle bellissime pagine di Jean-Paul Sartre e Franz Fanon i quali, non si limitano all’analisi del neo-colonialismo, ma colgono anche il movente psicologico del ‘’nazionalismo anti-coloniale’’.
Petras mi scuserà ma l’Iran è un baluardo dell’anticomunismo (cosa che lui sicuramente sa, ma nel testo che menzionerò nelle note non ne fa cenno), dove i comunisti del Tudeh o del Partito comunista operaio dell’Iran sono fuorilegge dal 1988, e che ora fa la parte dell’ ‘’antimperialista’’ solo perché si sta scontrando con gli interessi degli Stati Uniti in una geo-zona (Medio Oriente) importantissima.
Considerazioni non da poco dato che l’Iran è uno dei maggiori partner commerciali del Venezuela, ma, dall’altra parte, questa politica estera (molto cinica, si pensi ai rapporti con Cina e Russia) ha permesso a Chavez di concludere accordi vantaggiosi (tenere lontani gli Usa) e fare una ottima redistribuzione della ricchezza.
Prendendo in esame la politica internazionale degli ‘’Stati indipendenti’’ ci sono forti analogie con il ‘’Movimento dei non allineati’’ di Tito e Nasser, con condizioni differenti, basi ideologiche molto distanti, e soprattutto una situazione geo-politica mono-centrica e priva di bilanciamenti (conseguentemente drammatica).
Utilizzando il metodo di chi aderisce alla Sinistra Comunista dovrei bollare il tutto come ‘’formazione del mercato nazionale’’, senza considerare i rapporti di forza internazionali, e le spinte interne che questi governi ricevono da una base sociale certamente anticapitalista (si pensi al carattere di classe dell’indigenismo). Sono convinto che bisogna uscire dal mono-centrismo e se questi accordi ‘’compromettenti’’ possono indebolire Washington che ben vengano. Ogni tanto ci vorrà anche un po’ di cinismo, non siamo mica ad un ‘’pranzo di gala’’.
Chiarita la mia posizione sulla politica estera, esaminerò alcuni cavalli di battaglia dell’ ‘’impero’’ per destabilizzare la Repubblica bolivariana.

5. Primo punto: il pluralismo. Per pluralismo in questo caso si intendono le libertà economiche, e quindi all’autoritarismo di uno Stato che controlla sempre di più l’economia si contrappongono le ricette neo-liberali. Il pluralismo è un eufemismo utilizzato dagli intellettuali filo-imperialistici perchè, in realtà, i partiti in regime capitalistico, complessivamente, rappresentano, nessuno escluso, gli interessi della classe borghese. Il fatto che nessuno metta in dubbio il dogma del mercato (come negli Usa o in Europa) ne è la prova.

Secondo punto: la centralizzazione del credito bancario. In questo caso si fa riferimento alla nascita del Banco del Bicentenario del Venezuela. Le banche centrali negli Usa e in Europa seguono gli spostamenti dei capitali finanziari, distruggendo le sovranità nazionali, e macellando i ceti più deboli con la questione del debito pubblico. Marx nel Capitolo 24 del primo libro di ‘’Il Capitale’’ chiama questo sistema ‘’bancocratico’’.
La centralizzazione del credito bancario, nel caso venezuelano, risponde alle necessità di incentivare la democrazia partecipativa, e il controllo sociale della ricchezza.
Non amo mitizzare il marxismo, ma Marx nel Manifesto dice chiaramente:

‘’ Accentramento del credito in mano dello Stato mediante una banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo’’.

Le critiche dei liberali si dimostrano debolissime.

Terzo punto: le politiche aperte. Questa è una vecchia storia: gli Usa finanziano le Organizzazioni non governative, le reti studentesche, i movimenti colorati, per rovesciare Stati che fanno una politica interna ed estera a loro avversa. Ne ho già parlato altrove quindi non ritorno sull’argomento.

Petras pone l’accento sulla nozione gramsciana di ‘’società civile’’. La società civile per Gramsci ha certamente le divisioni di classe, ma la borghesia imperialistica parla (al contrario) di ‘’società civile organizzata’’ (termine caro a Gene Sharp) interpretandola come amalgama sociale. Quindi la storia è sempre la stessa: da una parte il dittatore cattivo e dall’altra il popolo che vuole libertà democratiche.

L’eufemismo più importante è economia di mercato. Un marxista sa che le economie capitalistiche necessitano di un mercato ideologico e di un mercato politico, e questo fa si che il dissenso venga fatto fuori direttamente dai monopoli informativi. La forza del capitalismo sta nella sua flessibilità cosa capita molto bene da Marcuse che parlò di ‘’tolleranza repressiva’’ e da Lukàcs che parlò di ‘’democrazie manipolate’’.
E’ triste vedere come certe critiche sono fatte proprie anche dalla sinistra socialdemocratica, dai ‘’comunisti per bene’’, e dalla sinistra libertaria. I tentacoli dell’impero sono più insidiosi di quello che si possa credere.

6. La strategia imperialistica in Venezuela si basa sulla creazione degli ‘’Angoli americani’’. Questi angoli sono delle piccole ambasciate di Washington sparse in tutto lo Stato preso di mira. La ex Jugoslavia ne aveva 22 (di cui 7 in Serbia), l’Ucraina 24, la Bielorussia 11, la Russia 20, e l’Irak 11. I più importanti si trovano nelle ex Repubbliche popolari, e se noi pensiamo che quegli Stati sociali hanno funzionato fino all’ultimo, capiamo il movente interno che ha portato alla attuale catastrofe.
In Venezuela ci sono 4 ‘’Angoli americani’’ che gli Usa finanziano spendendo circa 5 milioni dollari all’anno (Jim McIlroy & Coral Wynter, "Eva Golinger: Washington's 'three fronts of attack' on Venezuela," Green Left Weekly, 17 November 2006).
Pascal Fletcher, molto ben documentato, dimostra come gli Usa abbiano affidato la destabilizzazione del Venezuela a Robert Helvey che già addestrò attivisti e studenti filo-Usa per il rovesciamento di Milosevic. Abbiamo tutti presente il ruolo dell’OTPOR, esperienza che si è replicata in tutto il mondo, e che le mafie di Miami hanno riproposto anche a Cuba. La ‘’sinistra colta’’ ovviamente si gusta il feticcio della democrazia.
Neil Foley, professore in Texas di storia, ha fatto in Venezuela e Bolivia, non molto tempo fa, seminari sulla ‘’cultura americana’’. Il punto centrale del suo insegnamento – ovviamente lui ha fatto questi seminari abbondantemente pagato da Washington – è che se un Paese non corrisponde ai parametri di ‘’democrazia e dialogo americani’’ deve essere rovesciato. Insomma, c’è un triste filo nero che collega Foley a Gene Sharp, per poi arrivare ai loro emuli italioti, delinquenti come Don Ciotti e Marco Travaglio.
Infine ci sono gli immensi monopoli mediatici, si pensi alla RCTV, controllati dal Condor, cosa che ricalca la tragedia serba, dove l’informazione era in mano agli yankee e alle massonerie franco-tedesche (altro che Milosevic dittatore!).

7. La mia analisi si ferma qui. Il bolivarismo nasce come ideologia anticolonialista, ha un carattere autoctono (si parla di ‘’socialismo latino-americano’’), presenta certamente delle ambiguità di fondo, ma la difesa delle conquiste fino ad ora ottenute dai movimenti che ne fanno capo è il punto di partenza per sfondare le roccheforti del neo-capitalismo imperante.

Note:

1) James Petras ‘’Analisi sull’Impero: gerarchie, architetture, clientele’’, Global Research, 19 marzo 2007

2) James Petras ‘’ Venezuela: dizionario degli eufemismi della sinistra progressista’’

3) Chris Carlson ‘’ La nuova strategia imperiale di Washington in Venezuela’’
Fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1830

Stefano Zecchinelli

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