venerdì 25 novembre 2011

IL TEMPO DELLA VASELINA 



Fine della Seconda Repubblica? Certamente

Inizio della Terza Repubblica? Forse

di Costanzo Preve

1. Scrivo queste brevi note il 17 novembre 2011 dopo aver seguito con attenzione le dichiarazioni programmatiche del nuovo governo Monti al Senato. Ho già messo in rete due pezzi recenti. Il primo, intitolato Berlusconeide, scritto per gli amici greci e francesi che mi onorano della loro stima, cerca di fare un bilancio antropologico-culturale di quella vera e propria oscenità storica che è stato l’antiberlusconismo, la cui funzione storica di fondo è stata quella di far dimenticare la dipendenza interna (FMI e BCE) ed estera (USA e NATO) a quel conglomerato sociologico di ingenui che in Italia ha preso il nome di “sinistra”. Il secondo, immensamente più importante del primo, perché strutturale e non soltanto congiunturale, ha cercato di mettere a fuoco l’intrecciarsi di due dialettiche, la dialettica vincente della illimitatezza capitalistica e la dialettica perdente della corruzione del movimento storico comunista (nulla a che vedere con il comunismo “ideale eterno”, come avrebbe detto Vico, di cui continuo ad essere un testardo sostenitore filosofico).


Queste note, certo meno importanti delle precedenti, concernono purtroppo solo la chiacchiera politica. Ma dal momento che c’è chi mi ha detto che era contento che mi fossi rimesso a scrivere note politiche (per la verità, esclusivamente grazie a due amici che mi mettono in rete, visto che nessuna rivista “politicamente corretta” e lottizzata fra Destri e Sinistri saprebbe che farsene delle mie riflessioni, che resterebbero nel cassetto) può darsi che possano interessare a qualcuno.


2. Formalmente, la Seconda Repubblica non c’è mai stata, e quindi non ci può neppure essere la Terza. Ma sappiamo che la realtà storica non sa che farsene delle formalità dei costituzionalisti, che si inventano loro quando e dove la Costituzione viene violata e quando no (per questi signori in toga il puttaneggiare di Berlusconi è anticostituzionale, mentre la guerra contro la Libia non lo è). Utilizziamo allora un linguaggio nostro, perché se aspettiamo gli storici contemporaneisti corrotti della continua emergenza resistenziale antifascista in palese assenza di ogni fascismo, possiamo aspettare le Calende Greche.


La Prima Repubblica finisce con Mani Pulite, che fu un colpo di stato giudiziario extraparlamentare operato congiuntamente da fantocci giudiziari di destra (Di Pietro), di centro (Borrelli) e di sinistra (D’Ambrosio, quello del “malore attivo” di Pinelli), e avallato dal circo mediatico unanime, di centro, sinistra (Santoro) e destra (Montanelli).


Si trattava di operare un salto storico, e non solo politico. Chiudere con la Prima Repubblica, consociativa, corrotta, ma anche statalistica e keynesiana, dotata di un minimo di politica estera indipendente (Craxi, Andreotti). Oligarchie internazionali, Panfilo Britannia e banchieri apolidi (Ciampi) fecero il resto. I “comunisti”, che io personalmente chiamo soltanto “picisti” per non sporcare il nobile nome di comunismo, ci saltarono sopra come su di una “gioiosa macchina da guerra” (Occhetto), ansiosi di riciclarsi da venditori e piazzisti della via italiana al socialismo a partityo degli “onesti” rappresentanti delle oligarchie capitalistiche e della NATO (D’Alema nel Kosovo 1999, Napolitano nella Libia 2011). Ho insegnato storia per 35 anni, ma esempi di opportunismo, trasformismo e abiezione come questo non riesco a ricordare.


Berlusconi aveva i soldi per poter coprire il vuoto creato nel potenziale elettorato di centrodestra (ma anche della sinistra craxiana, da cui vengono Frattini e Tremonti) dalla liquidazione per via giudiziaria del personale politico DC, PSI, PSDI, PRI, PLI, la cui base elettorale, ci piaccia o no, era però la maggioranza del paese. Per poter nascondere questo fatto la cultura mediatica e universitaria di “sinistra”, sicura di egemonizzare la loro base di creduloni, si inventò un mito antropologico di origine gobettiano-azionista, quella di Berlusconi come rappresentante della furbizia degli italiani, popolo che la storia aveva privato della riforma protestante e dell’empirismo anglosassone.


E’ la storia della Seconda Repubblica, quella in cui gli italiani sono stati costretti a dividersi in due soli partiti: il partito dei B e il partito degli anti-B. Vorrei ripetere bene questo punto, perché temo che sembri troppo paradossale. In superficie c’erano molti partiti, compresi Pannella, Scilipoti, Cossutta, Bertinotti, Veltroni, eccetera. In profondità c’erano sempre e solo due partiti, i B e gli anti-B. Chi scrive si è precocemente chiamato fuori da questa mascherata fini da metà degli anni Novanta, pagando un modico prezzo in termini di diffamazione (rosso-bruno e altre sciocchezze). Ho imparato molto, soprattutto che molti che ritenevo nemici non lo erano, e molti che ritenevo amici non lo erano. Ma non personalizziamo troppo.


3. Berlusconi è stato indebolito certamente dalle campagne di stampa e dalla sua vergognosa e ingiustificabile vita privata di vecchio satiro incontinente, ma è stato rovesciato e commissionato non certo dalle “dieci domande” della banda De Benedetti-Scalfari, ma dai cosiddetti “mercati”, spread, eccetera. Egli era tollerato fino a che si pensava che potesse attuare quella normalizzazione anglosassone del capitalismo italiano che tutti gli ingenui di origine azionista invocano da un secolo come l’unico modo di guarire un “popolo delle scimmie” originatosi da un “risorgimento senza eroi”. E Berlusconi lo avrebbe anche fatto volentieri (ecco perché elogia Monti, e secondo me è sincero), ma non poteva farlo, per il fatto che doveva pur sempre essere eletto, e nessun tacchino vota per il cenone di Natale, che comincia mettendolo in pentola.


Tutto qui l’enigma Berlusconi? Ma le cose non sono più complesse (la complessità è l’idolo dei confusionari e dei professori universitari)? Ma neppure per sogno, cari amici! Le cose sono semplicissime, e stanno veramente così.


4. Il governo Monti potrà fare ciò che non avrebbero potuto fare né Berlusconi, né Bersani, e tantomeno i fantocci urlanti tipo Di Pietro e Vendola. Ma non credo che saranno “lacrime e sangue” o “macelleria sociale”. Su questo mi spiace, ma non sono d’accordo con i catastrofisti, gli estremisti ed altri apocalittici. Trattandosi di tecnici (pensiamo a Passera, a Profumo, alla torinesissima Fornero, eccetera), sono certo che sapranno contemperare il loro progetto con una tempistica adeguata. E allora chiediamoci: qual è il loro progetto, per cui sono stati insediati dalle oligarchie post-borghesi che dominano il pianeta, con il loro seguito mercenario di ex-comunisti cinici e nichilisti? Macelleria sociale? No. Lacrime e sangue? No. E che cosa allora? Fino a che non si capirà cosa vogliono è del tutto inutile blaterare. Il mazzo è truccato, le carte sono segnate, e quindi accettare di mettersi a giocare è da incoscienti.


5. Il programma, in nome dell’Europa, è semplicemente la fine della eccezione capitalistica europea e la sua completa omogeneizzazione al modello anglosassone di capitalismo. Il capitalismo europeo, a causa di una doppia spinta dall’alto (Bismarck, Giolitti, De Gaulle, eccetera) e dal basso (movimento operaio e socialista, eccetera) non aveva mai potuto omologarsi in più di un secolo al modello americano del dominio assoluto dell’industria e della finanza, ma era stato costretto ad accettare quelli che le canaglie liberali e liberiste avevano chiamato “lacci e lacciuoli”, e di cui avevano auspicato per un secolo la fine.


Tutta la babbioneria dei tifosi identitari novecenteschi, a partire dal sottoscritto, era stata ipnotizzata dallo scontro tra fascismo e comunismo (quello storico novecentesco, non “ideale eterno” come il mio, che sono un idealista e un umanista esplicito, e mi spiace di far venire un colpo apoplettico a tutti i residui althusseriani e dellavolpiani ancora in servizio permanente effettivo). Ma fascismo e comunismo si sono rivelati due incidenti di percorso nel cammino dialettico del capitalismo mondiale. Altrove ho cercato di spiegare le cause di queste due pittoresche sconfitte, e qui non mi ripeto. Mi limito a ricordare un fatto.


Superati questi due incidenti di percorso, il ceto intellettuale ha certamente intrattenuto per mezzo secolo lo scontro simbolico e virtuale fra anticomunismo in assenza di comunismo e antifascismo in assenza di fascismo trovando chi era disposto a crederci, compreso lo scrivente fra il 1960 e il 1990. Ma oggi cominciamo finalmente a capire, con la torpida lentezza di chi si è fatto abbindolare per ideologismo identitario troppo a lungo, che la posta in gioco era un’altra: la fine della eccezione capitalistica europea e l’omogeneizzazione totale del capitalismo europeo all’unico modello americano.


6. Unico modello? Ma neppure per sogno! C’è anche un altro modello strategico di capitalismo, quello cinese. Ma quello cinese non è esportabile in Europa (nel terzo mondo invece forse sì), perché proviene da una storia particolare, l’innesto del maoismo come prima accumulazione del rapporto di capitale su di un substrato precedente di modo di produzione asiatico. Per questo non è un caso che la Cina diventi sempre di più l’avversario strategico degli USA.


E’ sufficiente studiare la grande strategia geopolitica USA. Su questo i lettori de “La Stampa” sono avvantaggiati, perché dispongono di una “gola profonda” al Dipartimento di Stato USA, Maurizio Molinari, che ci informa quotidianamente della strategia imperiale americana. Gli USA non cessano di provocare la Cina con il Dalai Lama. Karzai, il fantoccio afghano, ha già promesso agli USA basi militari permanenti, che potranno minacciare geopoliticamente sia la Cina che la Russia, essendo insediate nel cuore eurasiatico (lo Heartland dei geopolitici, che i criminali ex-comunisti russi hanno abbandonato consegnandolo agli USA). Gli USA hanno messo una base militare permanente a Darwin in Australia, che nessuno minaccia. Gli USA cercheranno di provocare conflitti sulle isole che fanno da contenzioso geografico fra Cina, Filippine e Vietnam. In Europa, tutte le classi dirigenti europee sono atlantiche, dai baltici ai portoghesi, dagli italiani ai polacchi.


7. Si presti attenzione al “lato esteri” del governo Monti. Alla Difesa va un generale che viene dall’Afghanistan, l’ammiraglio Di Paola, che dal suo teatro afghano di guerra ha accettato con un SMS. Si tratta di un alto stratega NATO, parte di quel gruppo di assassini che ha fatto di Sirte la nuova Guernica del Mediterraneo. Agli Esteri il signor Terzi, ambasciatore a Washington ed ex-ambasciatore a Tel Aviv, uomo fedelissimo agli americani e ai sionisti.


Se ci fosse ancora una “sinistra”, questo verrebbe notato. Ma siccome non c’è più, saranno pochissimi quelli che lo noteranno. La base di fedeli subalterni anti-B se ne frega della politica estera, non la vede neanche, e la sola cosa che gli interessa è quello che gli scribi dell’oligarchia finanziaria chiamano “ricambio antropologico” (cfr. Ceccarelli su “Repubblica” del 17 novembre 2011). Non c’è più il puttaniere, non ci sono più la Gelmini, la Minetti e Scilipoti! Evviva, evviva! Mettete ad alto volume i Carmina Burana! Cantate insieme Bella ciao e l’Inno di Mameli! Viva Napolitano, difensore della Costituzione!


8. Il tempo che verrà non sarà il tempo della macelleria sociale, ma il tempo della vaselina. I “tecnici” sono troppo abili per metterla violentemente in quel posto a Cipputi, come il tizio dell’ombrello disegnato dallo sciocco PD Altan, che ha a suo tempo inventato la Pimpa, ma ha poi messo la sua matita al servizio del Circo Bersani.


Ai lavoratori, ai precari e ai pensionati l’hanno già da tempo messa in quel posto. Mancano ancora i ceti medi, da liberalizzare totalmente, secondo il modello americano. Negli USA gli avvocati ricchi sono ricchi a miliardi, e gli avvocati poveri girano per i bar intorno alle carceri in cerca di clienti. Monti penserà certamente anche a questo, in nome della meritocrazia, dei giovani e delle donne. I rinnegati ex-comunisti lo aiuteranno certamente, fingendo di avere delle “riserve” con i loro elettori fidelizzati. Ora che non c’è più Berlusconi, bisognerà trovare dei nuovi “fascisti” e dei nuovi “populisti”, ma non sarà facile perché Alfano non si presta.


9. E l’opposizione? Certamente vi sarà, ma temo che non abbia senso nutrire troppe illusioni. Il movimento degli indignati? Certo, sono mille volte meglio di quelle vere e proprie prese in giro che sono stati i movimenti pacifista e altermondialista. Almeno costoro se la prendono con le oligarchie finanziarie. Ma in esso sono ancora troppo presenti illusioni alla Beppe Grillo per poterci veramente sperare.


La CGIL? Ma non scherziamo! La Camusso è organicamente legata al gruppo dirigente Bindi-Bersani. Farà un po’ di melina, farà dichiarazioni “severe”, ma ciò che conta è il livello strategico, e questo è assicurato.


La FIOM? Ma non scherziamo! Potrà piacere al “Manifesto”, insieme ai baci gay della Benetton, ma il signor Landini è semplicemente il contraltare del signor Marchionne. Per gente così il mondo comincia e finisce con Marchionne. Ora, il conflitto Landini-Marchionne passa a lato di tutto ciò che conta in Italia.


I signori Diliberto e Ferrero? Ma non scherziamo. Essi hanno un solo problema, salvare la baracca del loro microscopico ceto politico professionale, e possono farlo solamente attaccandosi alle bretelle di Bersani.


Il signor Ferrando e i microgruppi del fondamentalismo comunista? Ma non scherziamo. Costoro vendono sempre la vecchia merce del comunismo storico novecentesco, variante trotzkista (Ferrando) o variante stalinista (Rizzo). Io sono un amante e un cultore dell’archeologia e delle lingue morte, ma solo nei musei e nelle biblioteche.


I sindacati di base? Qui andiamo per fortuna un po’ meglio, perché almeno è gente del tutto al di fuori della grottesca mascherata B e anti-B. Non a caso, sono stati gli unici, insieme agli indignati, che hanno manifestato a Roma il 17 novembre, giorno dell’insediamento dellas giunta dei commissari FMI, BCE, USA e NATO. E’ bene dargliene atto.


10. E tuttavia, il difetto dei sindacati di base sta nel manico. Essi pensano di potersi opporre alla carica di un rinoceronte riproponendo le vecchie ricette economicistiche delle piattaforme sindacali, semplicemente prese sul serio e non usate come forme di manipolazione identitaria. Ma il tempo che ci aspetta è il tempo della vaselina. La giunta della BCE deve privatizzare tutto e liberalizzare tutto, e soprattutto deve applicare il modello della americanizzazione integrale dell’Europa, che copre anche l’appoggio strategico all’impero geopolitico americano. Si ricordi il WOW (uau) della strega Clinton all’annunzio della morte di Gheddafi. Mi ricorda i passi di danza fatti da Hitler dopo la presa di Parigi ricordati da Brecht nel suo diario fotografico.


Il baraccone ideologico che noi stessi abbiamo messo al potere (Gad Lerner, ex Lotta Continua, Adriano Sofri, ex Lotta Continua, Floris e Ballarò, eccetera) è formato da esperti in vaselina e in penetrazione indolore! Altro che il cavalier Banana di Altan e il suo ombrello che la mette in quel posto a Cipputi, il brontolone mormoratore subalterno che ha plasticamente incarnato la sconfitta storica della classe sociale più incapace della storia universale dal tempo degli antichi egizi.


Il tempo della vaselina è cominciato. Quanto tempo durerà non posso saperlo. Non posso escludere fatti nuovi. Per fortuna la storia è imprevedibile, e non assomiglia per nulla a quella caricatura impostaci per mezzo secolo dagli intellettuali storicistici del progresso. Berlusconi sarà probabilmente ricattabile con le sorti in Borsa di Mediaset. Il puttaniere tiene pur sempre famiglia, e deve lasciare ai suoi figli una proprietà ancora in piedi. La marmaglia anti-B che ne ha festeggiato la partenza urlando sconci insulti adesso sarà contenta con l’arrivo del tempo della vaselina. Ma forse la Terza Repubblica ci riserverà alcune sorprese.


Termino con un auspicio gramsciano: pessimismo della ragione, ottimismo della volontà. Bergson + Sorel. Non ci credo molto, tenuto conto della stupidità gregaria e identitaria dei nostri amici. Ma forse, speriamo, i giovani saranno meno cretini.


Torino, 17 novembre 2011

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