lunedì 18 ottobre 2010


D. Sacchetto M. Tomba (a cura di), La lunga accumulazione originaria.  
Politica e lavoro nel mercato mondiale. Ed. Ombre Corte (euro 18,00)

  Nell'epicentro della lotta di classe


 
di Andrea Fumagalli

Tutte le volte che il mondo attraversa una crisi sistemica di forte intensità non ascrivibile a disfunzioni congiunturali, viene riscoperto Karl Marx, uno che le crisi le analizzava bene. "La lunga accumulazione originaria" (Ombre Corte, 18 euro) curato da Massimiliano Tomba e Devi Sacchetto (entrambi docenti dell'Università di Padova) riparte proprio da una rilettura del pensiero di Marx e dal recupero di quelle categorie che molti autori marxisti ritengono imprescindibili per leggere l'odierna attualità economica. Nella prefazione dei due autori si legge infatti: "L'attenzione (...) è rivolta all'accumulazione originaria da intendersi non come fase storica di transizione, quanto piuttosto come condizione costitutiva dei rapporti sociali che quotidianamente si esprimono. Abbiamo quindi parlato di accumulazione originaria perché se, da un lato, la cosiddetta accumulazione originaria non è confinabile alla solo protostoria del modo di produzione capitalistico, dall'altro occorre mettere in evidenza i caratteri di novità dell'odierno ciclo di accumulazione".
L'intento del volume è di rimettere al centro l'interpretazione secondo cui il sistema capitalistico si basa su un processo di espropriazione violenta (una sorta di continua accumulazione originaria, appunto) insito nel rapporto di sfruttamento tra capitale e lavoro. L'essenza dell'espropriazione non si modifica e non è quindi soggetta a fasi di "transizione", anche se cambia forma in seguito all'evoluzione sociale, politica e tecnologica.
Che il sistema capitalistico si fondi sulla rigenerazione continua del processo di espropriazione è opinione condivisa e radicata nei vari marxismi. Essa, ad esempio, è ben presente nella voce sull'accumulazione originaria scritta da Sandro Mezzadra per il testo "Lessico marxiano". Le divergenze interpretative nascono, semmai, sull'analisi della dinamica di tale espropriazione. Uno dei punti nodali riguarda il passaggio dalla "sussunzione formale" alla "sussunzione reale" del lavoro al capitale, che ha inizio con l'accumulazione originaria - la quale ci conduce nel capitalismo vero e proprio. Come scrive lo stesso Marx la fase dell'accumulazione originaria è caratterizzata dall'estrazione di "plusvalore assoluto" (ovvero di un plusvalore ottenuto con la continua estensione della giornata lavorativa). E' la fase in cui "il modo di produzione capitalistico non ha ancora carattere specificatamente capitalistico": la prestazione lavorativa, pur soggetta a dominio e sfruttamento, non è stata ancora direttamente organizzata dal capitale attraverso la sua trasformazione in lavoro salariato. Il passaggio alla "sussunzione" reale, e quindi alla prevalente estrazione di "plusvalore relativo" - tramite l'ammodernamento delle tecniche (variazione della composizione organica del capitale) e con il crescere dell'intensità di sfruttamento (saggio di sfruttamento) - rappresenta il moderno sistema di produzione e di organizzazione capitalistica.
L'analisi del rapporto tra sussunzione formale e sussunzione reale viene oggi rivisitato alla luce dei processi di globalizzazione che hanno interessato l'economia mondiale negli ultimi tre decenni. I contributi del testo curato da Sacchetto e Tomba "si interrogano (...)sul significato di mercato mondiale e sulle categorie necessarie a comprenderne i mutamenti" (p. 9). Essi riaffermano la centralità del rapporto capitale-lavoro come luogo dove cogliere che le condizioni di lavoro presentano le caratteristiche dell'estrazione di plusvalore assoluto. Secondo gli autori, il Marx de Il Capitale torna così ad essere lo strumento concettuale più adeguato alla comprensione del sistema capitalistico, mentre i Grundrisse svolgono un ruolo preparatorio alla stesura de Il Capitale, a dispetto di chi (come i neo-operaisti) ritiene i Grundrisse un'opera compiuta e autonoma e anche più idonea alla comprensione "marxiana" dell'oggi.
E' questo in ultima analisi lo scopo del volume. Soprattutto nel saggio di Bellofiore si dà una lettura dei Grundrisse a partire da quella de Il Capitale. L'intento - oltre alla critica delle analisi dell'operaismo teorico italiano di Tronti e Negri - è quello di evidenziare come non esistano due Marx (quello de Il Capitale e quello dei Grundrisse), ma una sola continuità teorica che parte sin dai Manoscritti Storico-filosofici del 1844 e che va a Il Capitale per poi tornare a ritroso ai Grundrisse. Viene così negata la distinzione tra un Marx più "teorico-analitico" teso a cogliere le tendenze principali dell'evoluzione delle forme capitalistiche di produzione (Grundrisse) e un Marx più "politico" teso ad analizzare la struttura del capitalismo così come si presentava ai suoi occhi con lo scopo di coglierne le contraddizioni interne e quindi operare sul piano dell'azione politica (Il Capitale).
Nel saggio di Caffentzis, la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, ad esempio, viene analizzata alla luce della dinamica della composizione organica del capitale, che si riduce nei settori non investiti in pieno dal progresso tecnologico o nelle aree di più recente industrializzazione - a minor contenuto tecnologico. Ciò non comporta il crollo del sistema capitalistico o il suo superamento grazie al poderoso sviluppo della scienza e del general intellect come profetizzato da Marx nei Grundrisse.
I contributi di Basso e Finelli pongono l'accento sulle peculiarità del modo di produzione capitalistica come sistema sociale nel quale l'individuo (la sua soggettività, diremmo noi) diventa soggetto che si definisce nel suo antagonismo al capitale. Finelli, inoltre, vede nel Marx dei Grundrisse il limite di una filosofia della storia che evidenzia fasi progressive come costituenti il percorso della storia. A simili conclusioni arrivano anche Bonefeld e Tomba. Il primo sostiene la tesi che il sistema capitalista può essere inteso come una perenne "accumulazione originaria". Di conseguenza, come sostiene anche Tomba nel suo saggio, non è possibile una concezione lineare e progressiva della storia, ma, piuttosto, una dialettica che ripropone fasi alterne che si rincorrono a seconda della combinazione di plusvalore assoluto e relativo.
De Angelis analizza la crisi dei subprime e la crisi economico-finanziaria globale come un meccanismo che tende a due obiettivi, sui quali concordiamo: da un lato, il controllo del lavoro vivo nelle sua più moderne forme, dall'altro, la necessità di imporre nuovi patti sociali in grado di delimitare il grado di conflittualità che la situazione di crisi rischia di far emergere. Il riferimento all'esperienza del New Deal è palese. Rimane aperta tuttavia la questione se oggi vi siano le condizioni per la definizione di un nuovo patto sociale adeguato ai nuovi processi di accumulazione. Ancora più concreto è il saggio di Sacchetto che analizza i processi di organizzazione e ristrutturazione della produzione nei Paesi dell'Est Europa. Forte di un'attività di ricerca sul campo che è unica nel suo genere, Sacchetto evidenzia come il tentativo di fare di alcuni paesi orientali una sorta di enclave produttiva sul modello delle zone di libera esportazione di tradizione cinese incontri non poche difficoltà nell'opposizione delle soggettività operaie che ivi emergono e si organizzano.
Il piano dell'organizzazione - o meglio dell'autorganizzazione - rappresenta il leit motiv degli ultimi due saggi del libro, quello di Goldner sulle lotte operaie in Corea del Sud e di Silver e Lu Zhang sulla dinamica produttiva della Cina. I due saggi sono accomunati dalla constatazione del fallimento del tentativo di politiche di dumping salariale a danno dei lavoratori di questi due Paesi. Se le lotte degli operai coreani sono sufficientemente note, il caso della Cina riveste particolare interesse, nel momento stesso in cui, secondo Silver e Lu Zhang, il grande paese asiatico sta diventando l'epicentro della nuova lotta di classe, "smentendo così le teorie dello scivolamento verso il fondo delle condizioni di lavoro a livello internazionale". Questa conclusione è particolarmente interessante. Essa ci dice che la storia solo apparentemente si ripete. Nella sostanza del conflitto sociale e delle soggettività, mai.


 

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