domenica 24 ottobre 2010

Un parricidio mancato. Hegel e il giovane Marx





 Bollati Boringhieri, Torino 2004, pp.320

Intervista di Giovanni Perazzoli a Roberto Finelli in occasione della pubblicazione del libro:


1) Uno degli scopi del suo libro è quello d’infrangere, se non di rovesciare, una linea di continuità e di progresso filosofico che una certa storiografia ha sempre visto nel rapporto Hegel-Feuerbach-Marx, quale un nesso di pensiero che dall’idealismo maturerebbe verso il materialismo. Da dove nasce la diversa lettura che lei propone? Qual è il motivo di fondo che giustifica la critica di una storiografia filosofica e politica, che sembrava ormai lungamente consolidata?

L’iconografia teorica ufficiale dei Partiti comunisti si è sempre ritrovata e rassicurata nell’immagine di un cammino progressivo della verità dall’idealismo dialettico di Hegel al materialismo dialettico e storico di Marx e di Engels. A partire dall’autorappresentazione e dell’autolegittimazione che di quella vicenda teorica già alla fine dell’800 aveva fornito lo stesso Engels. Dato che è stato certamente Engels, e non Marx – alla sorta di quanto fece Paolo con il cristianesimo – ad essere il vero e proprio fondatore del marxismo quale corpo dottrinario organico, che potesse valere, nell’estensione generale della dialettica a legge generale della realtà e della storia, come “credo” e canone per l’azione pratico-concreta dei comunisti nella lotta sociale e politica. Come testo più celebre di Engels a tal riguardo penso ovviamente al Ludwig Feuerbach und der Ausgang del klassischen deutschen Philosophie, nel quale appunto, com’è noto, si diceva che, se con la dialettica di Hegel la filosofia moderna aveva raggiunto il suo grado maggiore possibile di verità, solo con il materialismo antropologico di Feuerbach, prima, e poi definitivamente con il materialismo storico di Marx si era usciti, approfondendo ed elaborando l’ispirazione dialettica dell’hegelismo, dalla filosofia come teoria contemplativa e si era giunti ad una filosofia come immediatamente risolta nella prassi della trasformazione-rivoluzione sociale. Secondo tale canone dottrinario Hegel, pur dando vita alla dialettica moderna, avrebbe con l’Idea negato e annichilito la natura e il mondo concreto, facendone solo emanazione ed incarnazione dello Spirito; Feuerbach, rovesciando Hegel, avrebbe fatto invece della materia e della natura il fondamento d’ogni cosa, concependo l’attività spirituale solo come un derivato da quella sensibile; e infine Marx ed Engels avrebbero tradotto il materialismo, ancora solo naturalistico e genericamente umano, di Feuerbach nel materialismo pienamente storico, fondato sulla centralità del lavoro e della prassi quale principio base di ogni forma di vita umana e di ogni tipo di organizzazione sociale: prassi lavorativa da spiegarsi appunto nel suo statuto intrinsecamente contraddittorio con la teoria dialettica dell’opposizione e della contraddizione. Questa cronologia iconografica, partorita da Engels, ha caratterizzato sostanzialmente senza eccezioni (forse solo per il marxismo fortemente idealistico e antinaturalistico di Gramsci), il marxismo così della II come della III Internazionale, per essere poi codificata e ulteriormente imbalsamata con il marxismo sovietico. Quanto ad es. Togliatti sia stato culturalmente e ideologicamente subalterno rispetto a tale tradizione è appunto confermato dalla cornice obbligata che egli ha assegnato a tutto il marxismo italiano, nel verso di una continuità, che sul piano della filosofia classica tedesca vede appunto la triade Hegel-Feuerbach-Marx, e sul piano della cultura nazionale vede un’analoga progressione dall’hegelismo di De Sanctis e Spaventa, attraverso lo storicismo di Croce, fino alla filosofia della prassi di Gramsci.
Con il parricidio mancato io ho voluto mettere in discussione questa linearità storicistica, finalizzata al culto dell’eroe (nel caso in questione Marx, il quale fin dalla sua giovinezza, secondo la liturgia comunista, non poteva non essere nella verità e non essere perciò ulteriore sia ad Hegel che a Feuerbach) e argomentare che l’antropologia che mette in campo il giovane Marx per criticare e uccidere il padre Hegel è assai meno ricca e articolata di quella hegeliana e che in effetti Marx prende la scorciatoia, che gli offre l’umanesimo di Feuerbach, per interessi troppo frettolosamente pratici: quali un abbandono assai sbrigativo della filosofia e un passaggio precipitoso a una prassi politica che pretende di configurarsi come rovesciamento totale e palingenetico dell’intero assetto storico-sociale. Per dire cioè che il materialismo del primo Marx (inclusa la concezione materialistica della storia depositata nelle pagine dell’Ideologia tedesca) nasce da una negazione troppo facile di uno Hegel, peraltro schematicamente ridotto all’icona di uno spiritualismo trascendente e metastorico. Con la conseguenza che il concetto marxiano di praxis, in questo rovesciamento troppo frettoloso di ogni istanza spirituale, rimane paradossalmente legato a ciò che nega. E così, a ben vedere, implica una dimensione di onnipotenza spiritualistica, che si fa creatrice, in una visione prometeica del lavoro e dello sviluppo delle forze produttive, dell’intera realtà.
Salvo poi, tale assolutizzazione della praxis umana in quanto lavoro – nella sua negazione radicale della funzione di ogni idealità nella costruzione della società e della storia – a non poter giustificare la medesima teoria del materialismo storico, la quale, o è falsa, in quanto teoria e come tale lontana dall’unica verità costituita dalla prassi, o è vera, ma come tale contraddicente lo stesso materialismo storico, che non ammette la verità di alcuna teoria, sempre ridotta e dequalificata a ideologia..

Segue: http://www.semperfil.it/?page_id=86

1 commento:

  1. Bene.
    La mia personale linea del percorso ideologico comunista e' e rimane sempre la seguente:
    PLATONE
    T.MORO
    T.CAMPANELLA
    ROUSSEAU
    MARX
    HEGEL come sintesi totale del sistema filosofico occidentale

    Grazie
    Umberto73

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