venerdì 8 ottobre 2010

Lo spettacolo della morte nella società dello spettacolo



Antonio Catalano

Una breve riflessione sulla vicenda della povera Sarah. Inutile soffermarsi sui fatti, sono ben noti, la povera Sarah è stata straziata da uno zio che non merita nessuna pietà. Ma non possiamo provare altro che disgusto di fronte allo spettacolo nauseabondo messo in moto dalla macchina del dolore, di cui la nostra televisione – in questo caso pubblica, rai tre – è ormai maestra indiscussa. L’unico vincolo etico è quello dettato dal dio auditel, è esso che detta le condizioni delle scelte da operare nel palinsesto. Il programma televisivo Chi la visto? condotta dalla giornalista Sciarella ha visto aumentare di molto lo share perché in diretta ha dato la notizia del ritrovamento della povera Sarah. Col particolare che lì in televisione c’era la mamma della ragazza la quale sempre in diretta è venuta a conoscenza dell’epilogo della vicenda. Perché invitare la mamma di Sarah, quale la necessità di averla in studio se non quello di solleticare la morbosità di un pubblico ormai educato a seguire il dolore in diretta alla stregua di un qualsiasi spettacolo di intrattenimento? Il programma è andato avanti, the show must go on!, questa è la regola, perché interromperlo se il numero di spettatori cresceva? Lo dice bene quell’animale televisivo che risponde al nome di Bruno Vespa, il quale intervistato sulla vicenda ricorda come il caso fosse molto seguito, «martedì scorso anche Porta a Porta aveva dedicato una puntata alla vicenda. E l’indomani ci siamo sorpresi anche noi per uno share così alto… segno che il Paese seguiva con attenzione quella storia». E questo animale da televisione foraggiato da denaro pubblico ricorda come gli capitò di raccontare l’uccisione di Aldo Moro «un momento di forte emozione perché si racconta qualcosa di drammatico a chi è sconvolto». Peccato per Vespa che gli sia sfuggita l’occasione di raccontare nel suo troiaio il dramma di Sarah!
Il disgusto sono in tanti ad averlo provato ma pochi ce la fanno a puntare il dito non tanto sulla giornalista affamata di protagonismo ma su un sistema intero che oltre a produrre morti sul lavoro, miseria, disoccupazione, degrado, produce immondizia molto più tossica di quella reale. E non dimentichiamoci mai che questo sistema  ha un nome preciso: capitalismo. E se l’uccisore di Sarah non merita pietà sicuramente spietati tocca essere contro questo sistema.

1 commento:

  1. perfettamente d'accordo con te caro compagno....comunque in una società comunista questi "animali"vanno puniti con la pena di morte,...e questa si,in diretta tv...e per quanto riguarda quei giornalisti che stanno sguazzando(almeno per ora)in questa società di "debordiana"memoria,per loro ci saranno i lavori forzati....saluti proletari.

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